Tiresia è una delle figure divinatorie più citate e controverse della mitologia greca. Una fama meritata, se si considera che deteneva un segreto di cui nemmeno l’Olimpo era a conoscenza, un segreto nella materia che più interessava dèi e dee: il sesso. Tuttavia, le sue profezie e le capacità di prevedere il futuro non hanno nulla a che vedere con questo sapere: possedeva la verità sul sesso in modo ben concreto, perché di sesso ne aveva fatto come nessun altra creatura, umana o divina.
La sua fama infatti non è legata solo agli eventi che ha profetizzato: più degli oracoli sulle esistenze altrui è interessante il corso della sua stessa vita. Come spesso accade a chi ha il dono della chiaroveggenza, Tiresia non vedeva. La cecità era vincolata alla sua arte divinatoria, entrambe caratteristiche imposte dalle divinità. Secondo la più diffusa leggenda, descritta da Pseudo-Apollodoro e ripresa da Ovidio, il buio degli occhi era una punizione inflitta da Era proprio per ciò che nella vita aveva potuto vedere e che poi aveva osato condividere, e allo stesso tempo le proprietà oracolari erano un premio di Zeus per ciò che aveva svelato grazie a tali esperienze. Si narra infatti che Zeus ed Era litigassero su chi durante il sesso provasse più piacere, e solo Tiresia avrebbe potuto dire se godessero di più le donne o gli uomini. Interpellato dallǝ sovranǝ del pantheon, Tiresia spiegò che il piacere si divide in dieci parti: l’uomo ha accesso soltanto a una di esse, mentre la donna alle altre nove, godendo quindi nove volte di più.
Oltre alla prospettiva di un corpo femminile legato alla ricerca del piacere personale – che in questo racconto in nulla si lega a una dimensione di appagamento maschile né tanto meno a funzioni procreative della donna – il mito rivela un altro aspetto di grande interesse: il motivo per cui unicamente Tiresia potesse svelare tale segreto. Aveva infatti vissuto sia da uomo che da donna. Il mito narra che, biologicamente nato uomo, si trovò un giorno a camminare sul monte Cillene, quando vide due serpenti accoppiarsi. Si sa che difficilmente il genere umano è in grado di farsi i fatti suoi in merito a come gli altri si accoppiano: infastidito dalla scena, Tiresia colpì i due serpenti con un bastone e uccise la femmina. Subito venne trasformato in una donna, per sette anni visse come tale e poté godere di piaceri altrimenti inaccessibili. Trascorso questo tempo, si trovò davanti alla stessa scena, uccise il serpente maschio e diventò di nuovo uomo.
Il mito di Tiresia racconta il piacere da un punto di vista diverso da quello tradizionale, non solo mettendo al centro della narrazione il corpo femminile in quanto soggetto di piacere, ma anche addentrandosi nel tema della fluidità di genere. Le transizioni di Tiresia rimandano a un universo in cui il corpo, quale che sia la sua identità, viene abitato, vissuto e sperimentato in tutte le sue evoluzioni e possibilità. Soprattutto, Tiresia rimane un’identità univoca quale che sia il suo genere, il cui corpo è definito dalla persona che lo rivendica: Tiresia, uomo e/o donna che fu.
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