Patrocinio al Pride sì, patrocinio al Pride no. Con le debite eccezioni, la tendenza dei Comuni è quella di spingere per l’approvazione, mentre le Regioni si arroccano su posizioni negazioniste. L’abisso si allarga tra città e provincia, centro e periferia; alle radici della dicotomia, c’è da fare una riflessione sulla concezione di spazio urbano (e non) come sede di relazioni tra corpi, quindi luogo di rapporti sociali che sottintendono relazioni di potere.
La definizione dello spazio sociale implica necessariamente un che di politico: lo spazio non è mai neutrale, ma continuamente solcato da linee di forza che definiscono le pratiche socialmente accettabili, le soggettività e i corpi che ne hanno accesso. La sessualità non è esclusa dalle dinamiche di creazione del potere: se si considera lo spazio pubblico come costruito attorno alla nozione di “comportamento sessuale appropriato”, ignorarla significherebbe sminuire la sua funzione nella formazione dell’identità collettiva.
Spazio, corpi e sessualità, come entità interconnesse, sembrano quindi essere regolamentate da una geografia del potere che impone un regime di verità fondato sull’egemonia maschile eterosessuale, la quale definisce i termini della normalità e condanna o invisibilizza l’anormalità, la differenza, l’altro.
Il paradigma, assunto come norma per eccellenza, delimita lo spazio che separa la presunta normalità dalla presunta devianza. Guardandosi intorno, risulta evidente come la pretesa universalità e naturalità del maschile-eterosessuale influenzi lo spazio che ci circonda. Un esempio spaziale è quello del confinamento del soggetto femminile dentro la sfera domestica e ciò che ne compete a livello familiare (asili o scuole), mentre il soggetto maschile viene visto come tradizionalmente votato alla sfera pubblica. Già nella civiltà greco-occidentale la casa-οἰκία e la piazza-ἀγορά erano separatamente appannaggio una del femminino, l’altra del mascolino. Lo spazio pubblico si è modellato così in relazione ai binomi giusto/sbagliato, appropriato/inappropriato, maschile/femminile, eterosessuale/omosessuale. Di conseguenza, analizzandolo, possiamo leggerne tutti i meccanismi di inclusione/esclusione che riflettono la costruzione sociale dei generi: lo spazio normato sfrutta la sua apparente naturalità per replicare nella vita pubblica i rapporti presenti in quella privata. Gli spazi, quindi, incorporano e riflettono strutture di potere e, grazie a essi, tali strutture si riproducono e vengono naturalizzate da coloro che ne usufruiscono.
Anche il corpo, luogo della costruzione dei soggetti, è coinvolto nelle stesse dinamiche di potere che definiscono la normatività dello spazio. Se per Foucault “la produzione di un determinato spazio sociale serve a generare un determinato tipo di corpo, inteso sia come dimensione materiale della persona che come insieme di concetti e idee”, i modi in cui i corpi sono presentati e visti dagli altri variano a seconda degli spazi e dei luoghi nei quali si trovano.
Perciò, secondo le dinamiche normative viene indicato e sanzionato ciò che appropriato, sia per il corpo di un uomo che per quello di una donna. Ne consegue che al corpo femminile vengano abbinati una serie di costrutti (ideali, come l’angelo del focolare, la regina della casa) e canoni (per esempio, le misure 90-60-90) che lo elevano a dimensioni puramente simboliche ed eteree, mentre gli uomini divengono individui di per se, tendendo a rappresentare la normalità. Il corpo maschile diviene il “corpo giusto” per butleriana dicitura, l’espressione della norma nello spazio pubblico: non solo “maschio”, ma anche “bianco”, “occidentale”, “eterosessuale”. Se consideriamo inoltre il corpo come luogo succube della sovranità statale, sede ultima del controllo governativo su entità produttive e riproduttive, non è difficile capire l’attenzione posta da Foucault sul sesso e la sessualità come elementi di riproduzione del potere e di scontro politico: “i meccanismi del potere si rivolgono al corpo, alla vita, a ciò che la fa proliferare, a quel che rinforza la specie, il suo vigore, la sua capacità di dominare o la sua disposizione a essere utilizzata”.
Corpo giusto e sessualità (etero)normata sono dunque dispositivi fondamentali attraverso cui si produce un territorio. Gli spazi urbani, le città sono i centri in cui le dinamiche di potere sono maggiormente visibili, ma anche dove la contestazione e la messa in discussione del paradigma normato è più forte. La concessione del patrocinio a una manifestazione come il Pride segnala una vigorosa presa di coscienza da parte delle istituzioni comunali: territorialità prima considerate a-normali si riconoscono ora come facenti parte del tessuto urbano, e non solo come mere eccezioni da perimetrare in quartieri appositi e sfoggiare positivamente ogniqualvolta si abbiano pretese di cosmopolitismo.
Supportati da momenti epifanici o meno, i corpi che non contavano stanno materialmente riappropriandosi del diritto alla città e ridisegnando le linee del potere: personalmente, noncredo si fermeranno di fronte a un semplice “no”.
pubblicato sul numero 36 della Falla – giugno 2018
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