A distanza di un anno dalla pubblicazione di Canone ambiguo e per il centesimo anniversario della nascita di Pier Paolo Pasolini mi ritrovo a pensare, ancora, a cosa è significato escluderlo dal mio libro.
Canone ambiguo. Della letteratura queer italiana – questo il titolo completo – è un viaggio immaginario, una seduta spiritica che ha l’intento di riportare in vita e di mettere sul palcoscenico autori e autrici del Novecento che hanno provato chi in modo più velato, chi meno, chi più consapevole, chi meno, a raccontare cosa significhi essere “diversə”, più specificatamente cosa significhi non riconoscersi nelle aspettative sociali che ci vengono attribuite con il solo nostro essere natə donna o uomo. E quindi, in un saggio che ha la forma anche di una antologia, di una drammaturgia, di una biografia, prendono la voce Alberto Moravia, Aldo Palazzeschi, Carlo Emilio Gadda, Elsa Morante, Alba de Céspedes, Anna Banti, Sibilla Aleramo e altrə.
Perché quindi escludere Pasolini? Non nego che questa assenza sia stata a volte contestata, spesso non compresa: come si fa a scrivere un saggio sulla letteratura queer ed escludere Pier Paolo Pasolini, provocatore dell’espressione ambigua dell’umano?
Pasolini è stato tutto questo. La sua intera produzione artistica, che fosse letteraria, cinematografica, poetica o saggistica, ha messo al centro ciò che può essere considerato marginale, fisicamente e mentalmente periferico, con l’intento unico di combattere il paradigma del potere. Le ambiguità dell’interiorità e dell’identità vengono messe in risalto con la ripresa della tradizione mescolata ossessivamente alla sperimentazione. Pasolini è riuscito a dialogare con i suoi coetanei dell’epoca, come Moravia, Bassani, Morante, ponendosi spesso in dialogo – o sarebbe meglio definirlo dibattito – e creando un universo a sua immagine e somiglianza, un canone, uno stile, un pensiero tutto suo, facendo degli ossimori, del contrasto e dello scandalo il terreno su cui costruire la sua intera concezione del mondo.
Pasolini si è reso personaggio della propria opera, è stato autore accentratore e una delle figure autorevoli più resistenti nel tempo.
Le motivazioni per cui, durante la scrittura del mio saggio, ho deciso di non coinvolgere la figura di Pasolini sono molteplici. Inutile parlare del conflitto interiore che ho provato, inutile sciorinare tutte le elucubrazioni complicate e articolate che mi hanno portato a scrivere soltanto di alcune personalità e lasciarne fuori altre. Il presupposto necessario è comprendere che una pubblicazione non potrà mai essere completa, oltre a Pasolini mancano diversi nomi di quella che potrebbe essere definita una letteratura queer italiana del Novecento. Le scelte che ho fatto si basano sulla possibilità di offrire al lettore e alla lettrice un quadro quanto più possibile completo su come sia stata rappresentata l’essenza della stortezza da una parte delle personalità letterarie italiane. In maniera quanto più esauriente possibile, quindi, provo a costruire un punto di vista su come il concetto di mascolinità e di femminilità vengano messi in discussione scrivendo di personaggi sia omosessuali che eterosessuali, con lo scopo di elaborare una sorta di anti-canone novecentesco che possa dare una rappresentazione dell’umanità un po’ meno strutturata, un po’ più storta, un po’ più rappresentativa.
Pasolini, con la sua produzione artistica, non si inserisce in nessun tipo di narrazione codificata e fa dell’affanno alla sperimentazione la sua firma. È un autore ancora oggi molto studiato, approfondito, saggi e articoli su di lui ne vengono scritti e pubblicati in abbondanza e ciò che ho cercato di fare è stato dare voce a chi ancora oggi trova uno spazio molto marginale nell’insegnamento e nella divulgazione.
Tuttə gli autori e le autrici citatə hanno provato a descrivere la stortezza sempre senza condannarla, ma tentando di comprenderla, cercando di rappresentarla come una natura la cui esistenza deve essere legittimata, sia individualmente che socialmente. Così è per la donna che vuole uscire dai confini domestici obbligati e dal silenzio sul suo piacere sessuale, per l’uomo eterosessuale che vuole e deve poter soffrire senza essere accusato di essere meno maschio, per l’omosessuale che vuole essere semplicemente liberə.
La posizione di Pasolini nei confronti dell’omosessualità sua e in generale è stata oggetto di aspre critiche. L’unica forma di omosessualità possibile, per lui, era quella nei confronti di ragazzini di vent’anni o più piccoli: Pasolini era poco predisposto ad accettare la sua natura di omosessuale, sempre vista come qualcosa da combattere, solo più tardi come qualcosa di inevitabile e impossibile da scegliere. Mario Fortunato definisce Pasolini come intriso di quella colpa che, secondo i cattolici, gli omosessuali devono provare e un vero e proprio esempio distruttivo per gli omosessuali italiani, per Giovanni Dall’Orto Pasolini ha una concezione tradizionale della sessualità, privo di quell’orgoglio omosessuale necessario alla militanza.
Eppure, in un recente intervento di Gian Maria Annovi, si tenta di andare oltre queste considerazioni: se Pasolini era distante dalla militanza gay degli anni Settanta, è anche vero che negli ultimi anni stesse maturando una concezione differente dell’omosessualità, insistendo sulla necessità della lotta per tutelare tutte le forme di cultura. L’interpretazione di Pasolini come nemico di una visione politica dell’omosessualità è veicolata dal punto di vista del movimento gay riformista, come se questo fosse l’unico possibile. Il pensiero politico dell’ultimo Pasolini, secondo Annovi, può essere invece considerato queer perché permette di immaginare alternative esistenti ai sistemi egemonici che fanno leva sull’anticonformismo, alternative in critica diretta col capitalismo e che tentano di esistere fuori-legge.A cento anni dalla sua nascita, nonostante sia un autore spesso citato e analizzato, Pasolini riesce ancora a far parlare di sé e delle sue opere e rimane tutt’oggi un elemento difficile da incasellare, creatore di un canone tutto suo e un personaggio non risolto, sempre scomposto, sempre fuori posto.
Immagine in evidenza da roma.com nel testo da effequ.it e da wikipedia.org
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