ARCILESBICA, IL CONGRESSO E IL MOVIMENTO LGBT+

Dall’8 al 10 dicembre scorsi si è tenuto a Bologna l’ottavo congresso nazionale dell’associazione ArciLesbica, dove si sono sfidate due mozioni che rappresentavano due posizionamenti profondamente diversi: Riscoprire le relazioni e A mali estremi, lesbiche estreme. Ha vinto, per un pugno di voti, quest’ultima, sostenuta da donne rappresentanti un femminismo in ultima analisi – a nostro avviso – essenzialista, ossessionato dalla Gestazione per altri, e trans escludente. Il movimento LGBT+ italiano è in subbuglio, e dal momento in cui scriviamo a quello della pubblicazione senz’altro alcune cose saranno accadute. A oggi si è autosospeso dall’associazione il Circolo di Perugia. Questa è la testimonianza di carne e sangue, tra il personale e il politico, che ci offre Carla Catena, una delle estensore della mozione che ha perso, contraddistinta da una posizione più accogliente verso le persone trans e molto più dialogica sulla Gpa.

Sono Carla Catena, faccio politica lesbica e femminista per lo meno dal 1990. Sono stata una lesbica separatista fino al 1997, e socia di ArciLesbica Bologna dal 1998. Non fui tra le fondatrici dell’associazione, ma mi preme citare un passo del documento politico del primo congresso nazionale (Padova, 1996), che sta sicuramente nel cuore di tutte le socie, sia delle vincenti, che delle perdenti: “Siamo pronte a introdurre nella nostra società la nostra libertà, dispiegando un’azione concreta e visibile, a diventare un punto di riferimento credibile, uno strumento di difesa e di espressione per tutte quelle lesbiche isolate, che finora non siamo state in grado di raggiungere nè probabilmente di rafforzare in qualche modo nelle realtà dove si trovano a vivere il proprio lesbismo, e questo in tutto il territorio nazionale, al sud quanto al nord? […] Siamo pronte a lanciare un’offensiva culturale e politica contro l’eterosessualità obbligatoria?”. Queste ovviamente erano domande retoriche, e sì, allora erano pronte, ma soprattutto era giusto provarci, era giusto intraprendere quel cammino.

Cercando nelle nostre radici la forza per agire nell’oggi, durante il congresso ho scelto di cominciare l’intervento con cui presentavo la mozione Riscoprire le relazioni, che ho contribuito a scrivere, con una citazione dal fondamentale testo Le guerrigliere, di Monique Wittig: “Dicono che ciò che devono prima di tutto menzionare è la loro forza e il loro coraggio”.

Sempre sui concetti di storia e di forza, nel nostro documento politico c’è una frase importante che recita: “Dobbiamo tornare alla nostra storia per affermare il nostro dissenso nei riguardi di quei desideri di semplificazione che vorrebbero cancellarci e renderci non necessarie, come si fa di solito con chi è più forte perchè riesce a non adeguarsi alla cultura dominante, convenzionale. […] E dobbiamo saper scegliere anche chi diventare”.

È stata dura questo anno sostenere il nostro asprissimo dibattito interno con al centro l’utero e la maternità: temi importanti – ma non certo gli unici – per i corpi e le vite delle lesbiche.

Tra le rivendicazioni della mozione che ho sostenuto la Gpa non compare, anche se, ovviamente, è un tema che viene affrontato: la Gpa implica l’instaurarsi di una relazione tra più soggetti e proprio questo reticolo di rapporti dovrebbe stare al centro del dibattito. La complessità di questa sfida diventa un’occasione per dare il nostro contributo al movimento femminista e al movimento LGBT+: le donne restano al centro delle relazioni procreative.

Siamo inoltre consapevoli di come la reale autodeterminazione delle donne e dei loro corpi sia un processo storico e sociale collettivo. Che, aggiungo io, non può essere eterodiretto da alcune donne per le altre, cioè da chi ritiene di sapere per prima e meglio cosa siano l’autodeterminazione e la libera scelta non solo per sé, ma anche per le altre. Ritengo che, nelle relazioni femministe, si cammini fianco a fianco, ci si dia forza e si riconosca il valore e la libertà di ognuna, e che essere abolizioniste rispetto alla Gpa non sia ciò che consegna la patente di “vera femminista e attivista lesbica”.

Il circolo ArciLesbica Bologna si è confrontato molto sul tema, sia partecipando alle iniziative di formazione organizzate dalla stessa segreteria nazionale, sia dedicandovi ben quattro assemblee nel giro di sei mesi. Ebbene, molte tra noi ritengono che la Gpa non sia per le lesbiche un argomento centrale. Numerose attiviste riflettono sui tanti tipi di famiglie possibili, nonché sulle diverse possibilità, per le persone LGBT+, di essere genitori: l’adozione, il co-parenting, l’affido.

Il nostro è un Circolo forte, che sta attraversando una fase di trasformazione: c’è un ricambio generazionale in atto, attuato grazie un continuo scambio e confronto tra le compagne più anziane nella militanza e le giovani, che mostrano un gran desiderio di conoscere la storia del femminismo e del lesbismo, per costruirne il presente nel qui e ora, giorno per giorno, attraverso la pratica politica.

Ci siamo poste delle domande sull’autodeterminazione delle donne, decidendo che, per noi, passa necessariamente attraverso la possibilità per le donne tutte, trans, etero, bisessuali, lesbiche, pansessuali, di essere autonome e davvero libere: dalla violenza, dalla precarietà economica, dalla discriminazione. Per mettere in pratica il nostro essere lesbiche femministe stiamo lavorando a molti progetti che amiamo: contro la lesbofobia, contro la violenza nelle relazioni lesbiche, per la salute delle donne bisessuali e lesbiche, per la promozione e la diffusione della cultura lesbica, per conoscere la storia del femminismo. Noi siamo qui, a Bologna, per contribuire a creare una qualità di vita sempre migliore per le lesbiche e le donne tutte, e per continuare ad avere un rapporto costruttivo con la città e il movimento LGBT+, di cui facciamo orgogliosamente parte.

Un tema che viene fuori spesso, nelle nostre assemblee a Bologna, è quello della democrazia nella nostra associazione, del valore delle opinioni e della possibilità del confronto alla pari. Proprio su questo punto, al congresso alcune compagne della mozione vincitrice hanno affermato con chiarezza che la politica di quest’ultimo anno è stata quella di fare una forzatura per riuscire a compiere un balzo in avanti. L’istantanea del nostro congresso, a livello di procedure democratiche, è questa: alcune delegate della mozione “Riscoprire le relazioni”, dopo aver addirittura contribuito a scriverla, sono passate all’altra in extremis, mentre una delegata non si è proprio presentata, permettendo così alla Segreteria nazionale uscente di sceglierne un’altra, favorevole alla loro mozione, grazie alla regola non scritta di ripescare le prime delegate non elette nei circoli più grandi. Inoltre, ci sono stati quattro voti nulli. Cose che succedono ai congressi, dicono. Siamo state ingenue, dicono. Ci sono grossi problemi coi modi attraverso i quali la rappresentanza viene esercitata nella nostra associazione, dicono.

Sto scrivendo a caldo: è passata una sola settimana dal Congresso. La cosa che, forse, mi preme di più ribadire è che per le lesbiche femministe possono esistere più visioni del mondo, della politica, delle relazioni. Anche se abbiamo appena perso il congresso in favore di chi ritiene il contrario, di chi pensa di poter concedere un certificato di vera lesbica femminista, anche se le lesbiche “estreme” hanno portato velocemente l’associazione verso questa direzione, la verità è che comunque tutto scorre e che siamo nel cambiamento: viviamolo.

pubblicato sul numero 31 della Falla – gennaio 2018