Si può avere un fisico non conforme ed essere eleganti, e si può stare comode indossando lingerie di lusso e anche sexy. Lo sapevamo, certo, ma ce lo ribadiscono con convinzione e trasporto le lavoratrici della Perla.

Alla Falla abbiamo seguito con partecipazione il loro percorso per salvare il proprio lavoro e l’azienda storica, e non smetteremo neanche adesso che la situazione pare sbloccata! La loro esperienza, infatti, ci riguarda non solo per la lotta, il lavoro e la sua etica, ma anche per il modo in cui si lavora, per le persone a cui ci si rivolge e per ciò che si produce. Nel loro caso, biancheria intima per corpi che si vogliono sentire femminili ma anche comodi, giusti, conformi con tutte le loro peculiarità di taglie, forme e dimensioni.

Su questi principi è nata e cresciuta l’azienda, insieme alle sue dipendenti. Ce lo dicono Patrizia Bondanelli, Elena Castano, Stefania Prestopino, Mascia Rebeggiani, Paola Rinaldi.

Quando e da chi è stata fondata La Perla?

La Perla è stata fondata nel 1954 da Ada Armaroli, imprenditrice lungimirante e sarta a sua volta. Alcune di noi l’hanno conosciuta, sono state formate proprio da lei, che ci ha inculcato la passione per il nostro lavoro. Il clima di familiarità che si respirava nell’azienda è stato il collante non solo per il lavoro all’epoca ma anche per le nostre lotte recenti. anche per i principi in cui crediamo tutte e che abbiamo cercato di difendere in tutti i modi.

Perché? Cosa è successo?

La storia della Perla è molto travagliata. Non stiamo a ripercorrerla tutta, ti diciamo solo che nel 1981 la gestione dell’azienda è passata al figlio di Ada Armaroli, Alberto Masotti. Venduta alla JH Partners nel 2010, è finita all’asta nel 2013. A quel punto La Perla viene acquisita da Silvio Scaglia.

E non va bene?

Sì, all’inizio va bene. Scaglia ha rilanciato la Perla iniziando col piede giusto: ha ripreso i modelli storici e li ha messi in produzione, facendoli conoscere attraverso sfilate e un grande lancio mediatico, molto efficace per fare riscoprire il marchio.

Quindi cos’è andato storto?

Ci sono state due scelte che non abbiamo condiviso. La prima è stata l’aumento dei prezzi, che escludeva donne con redditi più bassi le quali non potevano più permettersi biancheria intima elegante e anche economicamente sostenibile. La seconda riguardava i modelli stessi: i nuovi disegni rispondevano all’imperativo, dichiarato apertamente, che i capi della Perla dovevano essere indossati dalle modelle, ignorando totalmente le esigenze di tutte le altre donne ed eliminando di colpo dal catalogo i capi confortevoli ma eleganti capaci di essere indossati da donne più formose per usi diversi dalle sfilate. Insomma, sono state deliberatamente ignorate la realtà e le esigenze della stragrande maggioranza delle donne! Per indossare la biancheria della Perla bisognava adesso essere non solo ricche ma anche avere un corpo estremamente conforme, piccolo, magro, con delle proporzioni determinate. Sono diminuite le taglie e quindi il numero di donne che avevano la possibilità di usare questi capi. E infine Scaglia ha affidato alla sua nuova compagna, poi moglie, Julia Haart, la progettazione dei nuovi modelli. E secondo noi è stato un grosso errore.

Perché lo stile di Haart non corrisponde al gusto originario della Perla?

Julia Haart era una stilista di scarpe, non di biancheria intima. Con lei non solo si è cominciato a produrre abbigliamento, ma per la biancheria intima sono cambiate le taglie: la taglia base è diventata la 38, piccolissima.

E voi non le avete detto che non era una buona scelta? Siete le lavoratrici storiche, conoscete la clientela… avreste potuto dare delle indicazioni preziose.

È quello che pensiamo anche noi, ma la gestione in quel periodo è diventata drammaticamente verticale, e l’atmosfera in azienda è cambiata totalmente. Così come la nuova immagine: i nuovi modelli hanno perso la raffinatezza originaria della Perla. Le sfilate sono continuate, ma con modelle estremamente magre, senza alcuna varietà di forme e stile. Eppure nel tempo la Perla ha prodotto molte taglie grandi e addirittura modelli cosiddetti conformati, ovvero rispettosi della (presunta) sproporzione di alcuni corpi. In alcuni casi adattavamo le parti sulla schiena per le schiene che si incurvano sotto il peso del seno molto abbondante, perché le clienti sono diverse e i modelli devono adattarsi a loro, non devono mai essere i corpi delle clienti ad adattarsi a una lingerie standardizzata. Insomma, la filosofia decennale dell’azienda, che tutte noi lavoratrici condividevamo e tramandavamo alle nuove leve, è stata messa da parte totalmente, e la vestibilità dei capi è stata stravolta.

E adesso?

Adesso si vedrà. Siamo in un momento di cambiamento. L’azienda è rimasta ferma a lungo, ma dovrebbe ripartire a breve. Noi faremo di tutto per tornare ai principi originari di sostenibilità economica e vestibilità per tutte, nessuna esclusa!

Noi della Falla continueremo a seguire le azioni delle lavoratrici della Perla, e a breve vi racconteremo anche come hanno lottato negli ultimi anni, come hanno fatto a farsi sentire fino in Parlamento a Bruxelles, e come continuano a battersi perché il loro lavoro riparta e abbracci in stoffe accoglienti (ed economicamente sostenibili) tutti i tipi di corpi: grassi magri alti bassi e con tutte le combinazioni di proporzioni possibili!