Al via la nona edizione di Bande de Femmes

Dal 30 giugno al 3 luglio, Roma, quartiere Pigneto: torna Bande de Femmes, il festival di fumetti curato da Libreria Tuba che si concentra sull’arte sequenziale creata da donne e altre identità queer: «Siamo convinte che la cultura contribuisca a migliorare la vita di chi vive e attraversa il nostro quartiere – affermano le curatrici – L’idea di un festival di fumetto e illustrazione nasce dalla volontà di creare un circolo virtuoso di cultura e socialità che, a partire dalle narrazioni a fumetti, possa parlare e far parlare dei temi che ci interessano da sempre: femminismi, corpi, identità, sessualità e lotte LGBTQIA+»  

Ma perché abbiamo bisogno di un festival di fumetti femministi?
Per provare a rispondere a questa domanda è bene scomodare qualche sintetico pezzo di storia della nona arte, a partire dalla nascita dello stesso medium, che la maggior parte dellǝ storicǝ sono concordi a collocare poco più di un secolo fa negli Stati Uniti, con Yellow Kid. I primi prodotti trattavano contenuti comici, ritenuti superficiali (da qui: comic), ed erano targettizzati principalmente su bambinǝ e persone immigrate negli USA che non conoscendo l’inglese usufruivano dell’ausilio visivo per comprendere il contesto narrativo e imparare la lingua. Dell’innovazione portata dalla scena underground proliferata negli anni Sessanta sopravvivono quasi solo i fumetti supereroistici, mentre al termine dei Settanta viene coniata la definizione per un nuovo formato editoriale che cambierà i comics: il graphic novel. Sviluppato parallelamente all’arte sequenziale mainstream, preferendo, alla serialità, la forma e gli schemi narrativi più simili all’oggetto libro, la rivoluzione ha sede nel sottotitolo dell’opera riconosciuta come il primo vero romanzo grafico: Contratto con Dio. L’autore, Will Eisner, esplora nelle quattro storie del volume l’esperienza dell’identità ebraica negli Stati Uniti. Il bisogno di comunicare cose diverse conduce a ripensare il medium stesso del fumetto, confermando la sua continua evoluzione.

Appena un paio di anni dopo inizia la pubblicazione di Maus sulla rivista di fumetto alternativo Raw redatta da Art Spiegelman, anche autore del graphic novel. Maus è una delle prime storie in assoluto sul trauma generazionale delle persone sopravvissute all’Olocausto. Pur non essendoci la necessità di una legittimazione del medium da parte dei soliti uomini cis, etero bianchi e di premi letterari, la vittoria di Spiegelman del Pulitzer nel 1992 segnala il cambiamento del mondo esterno nei confronti del fumetto, anche se la sua resta, per ora, l’unica graphic novel a vincerlo.

Fin dalla sua concezione l’arte sequenziale risulta destinata a persone outsider, ma in questa storia sono state dimenticate quelle delle autrici e dellǝ autorǝ queer.

Quante sono le autrici di cui non abbiamo riconosciuto il merito che hanno lavorato nei fumetti?
Possiamo sforzarci di elencare qualche eccezione, ma sono poche: la storica (herstorist) del fumetto Trina Robbins, disegnatrice di Wonder Woman e autrice di diversi studi sulle donne nella nona arte; diversi anni più tardi, Marjane Satrapi con Persepolis e Alison Bechdel con Funhome: A Family Tragicomic (creatrice del famigerato Bechdel test). 

Ci avviciniamo sempre di più al contemporaneo, dove numerose artiste hanno saputo inserirsi grazie alla crescente consapevolezza verso le discriminazioni di genere, ma soprattutto alla possibilità di fare un nuovo tipo di fumetto. Un gran numero di autorǝ nel panorama dei webcomic/toon sono donne, non-binary o transmasc. Le soggettività marginalizzate possono comprendere un linguaggio in maniera differente, cambiandolo e facendolo evolvere. Successe con il graphic novel, capace di prestarsi particolarmente bene al memoir o alle narrazioni con spunti autobiografici; si trovò una nuova autorialità nelle persone che scelsero di mettere le loro esperienze al centro delle loro storie, imparando dalla subcultura dei queer underground comix.
Dall’altro capo del mondo, nel Giappone degli anni Settanta, delle autrici cambiarono per sempre il manga, perseguendo stilizzazioni grafiche concentrate sull’emotività e scrivendo delle storie davvero targettizzate per ragazze e donne. 


Recuperare e studiare queste autrici non è sintomo di ossessione per il passato. Piuttosto un monito: la differenza delle esperienze arricchisce non solo le parti narrative e sociali delle opere, ma anche le parti meta-narrative e del funzionamento del medium stesso.
Non possiamo rischiare di ignorare tante nuove possibilità, compresa la natura politica del fumetto.
Un festival come Bande de Femmes e lǝ autorǝ che vi prendono parte creano spazi dove valorizzare nuovi pezzi di storia, per celebrare il reciproco nutrimento che la nona arte e le esperienze marginalizzate possono essere l’una per le altre.

Si parte con la notte bianca di questa sera: tanti spazi diversi che animano il Pigneto apriranno le loro porte per un vernissage collettivo. La rassegna si snoda poi tra l’1 e il 3 luglio con incontri di vario genere, da Dialoghi d’autrice, Matite fuori dai cardini e Matite esordienti. Protagonistə del festival di quet’anno Zuzu, Sara Colaone, Croma, Giulia Crispani, Alec Trenta, Eliana Albertini, Elène Usdin, Lina Ehrentraut, Eleonora Amianto, Ly Leova, Marta Comunale, Valentina Grande, Eva Rossetti, Sara Garagnani, Carla Berrocal e tantə altrə autorə da scoprire, ascoltare dal vivo, conoscere.

Il programma completo è consultabile sul sito del festival.

Le immagini sono di proprietà di Bande de Femmes