Le nuove linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica a scuola, introdotte sotto il Governo Meloni con una modifica della legge 20 agosto 2019 n. 92, distano molto dagli obiettivi di promozione dei diritti civili e di crescita didattica che questa disciplina dovrebbe perseguire.

Questa legge ha introdotto l’educazione civica come materia curricolare e ne ha definito la messa in pratica per le scuole e gli argomenti connessi, oltre ad averla configurata come una materia di tipo trasversale, che dunque comprende la conoscenza e la comprensione delle strutture e dei profili sociali, economici, giuridici, civici e ambientali della società; infatti i contenuti didattici di educazione civica e i relativi obiettivi di apprendimento sono stati suddivisi in 3 macrotematiche: la Costituzione, lo sviluppo economico e la sostenibilità, e infine la cittadinanza digitale.

Il documento dovrebbe fornire chiari binari al corpo docente per poter indirizzare la propria didattica in merito all’educazione civica. Se nelle precedenti linee guida, oltre alla Costituzione, si dava valore al diritto nazionale e internazionale, alla legalità e solidarietà, questo nuovo documento pone l’accento sul concetto di patria e sulla valorizzazione dell’appartenenza degli studenti alla nazione, spiegando come il rafforzamento «del nesso tra il senso civico e l’idea di appartenenza alla comunità nazionale potrà restituire importanza, fra l’altro, al sentimento dei doveri verso la collettività».
A essere sostenuto, quindi, è che il concetto di Patria è l’elemento principale richiamato e valorizzato dalla Costituzione, e in quanto tale l’educazione civica ha il compito di trasmetterlo allǝ studentǝ.

Cos’è questa, se non l’ennesima azione sovranista che il governo Meloni sta mettendo in atto, in particolare nella scuola? Solo a Settembre abbiamo visto l’ulteriore accanimento verso le persone Lgbtqia+ da parte di questo governo e dai movimenti ultracattolici, attraverso l’approvazione della mozione presentata da Rossano Sasso della Lega, che chiede al Governo italiano di escludere l’insegnamento di qualsiasi contenuto legato alla cosiddetta ideologia gender nelle scuole, ideologia che, ribadiamo ancora una volta, non esiste, ed è solo frutto della propaganda di destra che la utilizza come attacco nei confronti delle persone Lgbtqia+.

In un documento che si prefigge di promuovere l’educazione al rispetto di ogni persona e dei suoi diritti fondamentali, manca qualsiasi riferimento esplicito ai diritti delle persone queer. Non si parla di orientamento sessuale, identità di genere, né di lotta alle discriminazioni su queste basate, tantomeno questi contenuti sono inseriti all’interno dell’insegnamento dell’educazione civica.

Al contrario, viene fortemente valorizzato un approccio individualista dove l’inserimento dell’educazione finanziaria viene fatto solo come mero strumento di valorizzazione e tutela del patrimonio privato, in piena ottica capitalista volta al consumo e alla valorizzazione dell’individuo, e si svuota di tutto l’aspetto comunitario che gli appartiene.

Come Delegata Scuola di Arcigay e come professionista attraverso quotidianamente le scuole, toccando con mano la stanchezza del personale docente precario, l’aumento del discorso d’odio e razzista all’interno delle classi, con uno sdoganamento ampio della fierezza fascista e una difficoltà sempre maggiore dellǝ studentǝ di adottare un approccio critico a ciò che gli viene proposto.

L’educazione civica dovrebbe avere il compito fondamentale di formare cittadinǝ attivǝ, criticǝ e consapevoli dei propri diritti e doveri, in grado di partecipare attivamente alla vita democratica, ma sappiamo che lo sguardo critico a questo governo non piace.

Anche il Rapporto dell’Ecri sull’Italia, sottolinea come «il discorso pubblico è diventato sempre più xenofobo ed i discorsi politici hanno assunto toni fortemente divisivi e antagonistici, in particolare nei confronti di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, nonché di cittadini italiani con origine migratoria, Rom e LGBTI. Il discorso d’odio, anche da parte di politici di alto livello resta spesso incontrastato».
E aggiunge che i «programmi scolastici non fanno ancora riferimenti diretti alla promozione dell’uguaglianza LGBTI e all’insegnamento dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale».

Al tempo stesso la scuola che vivo è fatta di classi sempre più variegate con ragazzi e ragazze con origini da più parti del mondo, con studenti e insegnanti Lgbtqia+. Mentre i movimenti ultracattolici con la loro propaganda raccontano di quanto noi attivistǝ, indottriniamo lə ragazzə a superare il binarismo di genere facendo educazione alle differenze, non si accorgono di quanto, in realtà, noi accogliamo ciò che è già presente nelle classi, nei corridoi delle scuole e nella società.