Figlio della diaspora guyanese, René Maran nacque nel 1887 su una nave diretta verso la Martinica. Trascorse l’infanzia e l’adolescenza tra il Gabon e la  Francia. In età adulta tornò in Africa centrale come impiegato del servizio coloniale francese, esperienza che plasmò la sua scrittura.

Appartenente al mondo creolo, in una mescolanza linguistica e culturale, Maran unì nella sua opera la forma francese a ritmi, immagini e parole africane. Nei suoi testi celebrò la natura africana e le culture indigene, raccontandole con uno stile ricco e sensuale, riflettendo la tensione tra mondo coloniale e mondo africano, tra potere e appartenenza.

Nel 1921 pubblicò Batouala, romanzo che dà voce a un capo di villaggio africano e mostra l’impatto dilaniante del colonialismo sulle comunità locali. Fu la prima opera di unə autorə nerə a vincere il Prix Goncourt. Nella prefazione, Maran denunciò duramente gli abusi e l’ipocrisia del sistema coloniale. Quelle parole, pronunciate da un funzionario statale, furono uno scandalo: gli valsero sospetti, isolamento ma anche un posto nella storia come una delle prime voci a incrinare il mito della missione civilizzatrice, molto prima che Senghor e la négritude portassero quel grido al centro del dibattito francese.

René Maran morì a Parigi nel 1960. Con la sua voce aprì una breccia nel linguaggio del potere, lasciando alla letteratura il compito di mostrare ciò che l’Impero voleva nascondere.

Illustrazione di Claudia Marulo