Karl Heinrich Ulrichs è una di quelle sante poliedriche, attiva su diversi fronti e nota per il suo impegno letterario e politico in un’epoca in cui di diritti Lgbtq+ ancora non si poteva certo parlare. Negli anni in cui visse, infatti, (nasce il 28 agosto 1825 e muore il 14 luglio 1895) lo scrittore, poeta e giurista si interfacciò con le diverse sfumature della discriminazione (a causa della suo omosessualità i suoi libri vennero confiscati e proibiti) e cercò di combatterle mantenendosi coerente con le proprie convinzioni, nonché esponendosi pubblicamente per rivendicare l’abrogazione delle leggi anti-omosessuali in Baviera. Il suo fu considerato uno dei primi veri coming out pubblici: esce allo scoperto prima in famiglia e, dopo un iniziale contributo letterario dato sotto pseudonimo, contributo in cui adopera le parole Urning (uranista, gay), Urninds (lesbica), Uranodionings (bisessuale) e Zwitter (ermafrodito), inizia a pubblicare col suo vero nome diffondendo le sue teorie sull’omosessualità, tra cui quella secondo cui l’uomo gay non sarebbe altro che una psiche femminile in un corpo maschile, in vari trattati e opere. A oggi, Ulrichs è diventata una figura di culto, basti pensare che a L’Aquila esiste un centro studi a lui dedicato e che ILGA ha creato un premio annuale in sua memoria. Un attivista ante litteram che ha parlato di omosessualità quando questo termine, ancora, quasi non esisteva.

Illustrazione di Riccardo Pittioni