Il futuro della moda nelle mani delle persone LGBTQ+

Quando pensiamo all’ambiente della moda salta subito all’occhio come proliferi di persone gay: colossi dell’industria come Christian Dior, Cristobal Balenciaga, Alexander McQueen, Yves Saint Lauren. L’omofobia che escludeva le persone omosessuali da spazi considerati tradizionalmente maschili e la misoginia che tutt’ora concede posizioni di potere e successo solo a uomini, nonostante le donne fossero da secoli relegate al mondo del cucito, hanno favorito la creazione di un’industria del fashion design dove la queerness non era solo tollerata, ma fonte stessa di ispirazione. A causa del rifiuto degli standard estetici ciseteronormati, la vita queer notturna era un pozzo di idee rivoluzionarie e creatività: elementi quali il drag, l’androginia e il fetish wear si sono fatti strada nelle sfilate di alta moda. Tuttavia, al giorno d’oggi, la situazione si sta evolvendo in due direzioni apparentemente opposte. Citando l’artista drag Johnny Woo: «Per i giovani, il drag è così legato a Rupaul che non penso sia più così alla moda… le persone vogliono scappare da ciò che è creato in modo così consapevole». 

Il drag ha fatto irruzione nel mainstream e, se da un lato offre un’enorme piattaforma ad artisti LGBTQ+, allo stesso tempo ne consolida degli standard e pone una figura di autorità che decide quali stili e modalità di espressione validare. Inoltre, il rainbow washing delle multinazionali porta alla creazione di collezioni a tema Pride, creando look arcobaleno standardizzati che però rispecchiano poco una comunità così eterogenea e in continua evoluzione. Parallelamente al tentativo capitalista di consolidare e uniformare quella che per le aziende è solo una nuova nicchia di mercato, lə giovanə queer, grazie a internet, hanno accesso a un’enorme varietà di modelli di riferimento stilistici attraverso i quali esplorare la propria identità. 

I social media offrono uno spazio dove mostrarsi nella propria diversità e stranezza, sperimentando e condividendo con persone affini la propria ricerca estetica, senza il rischio di aggressioni fisiche. Stiamo assistendo alla crescita esponenziale di sottoculture che si influenzano a vicenda e si mescolano creando stili unici, volti a rappresentare la soggettività del singolo individuo. La ricerca dell’euforia è privilegiata rispetto alla conformazione ai trend, i singoli capi vengono reinventati in maniere non convenzionali, nessun abbinamento è vietato. Tramite la viralità e la costruzione di reti di supporto, anche piccolǝ creators hanno la possibilità di emergere, dandoci l’opzione di acquistare accessori e abiti disegnati da artistǝ marginalizzatǝ, sicuramente più autentici e originali di qualsiasi prodotto acquistabile nelle grandi linee di distribuzione. Rimane necessario sottolineare come, nonostante l’estrema libertà concessa dal web, anche gli algoritmi dei social siano soggetti a bias razzisti, abilisti, grassofobi e classisti, favorendo così contenuti creati da persone bianche, con accesso a mezzi economici per sfoggiare look più costosi ed escludendo spesso contributi di persone razzializzate, rendendo così di fatto incompleto il quadro generale delle reference visive a cui si ha accesso. Tuttavia, nelle nuove generazioni, soprattutto all’interno della comunità LGBTQ+, si sta sviluppando una sempre maggiore consapevolezza della necessità di decolonizzare i propri standard estetici e di dover supportare un’industria della moda sostenibile – basti pensare che il 45% dei millennials e generazione Z si rifiuta di comprare da brand di fast fashion. Grazie alla condivisione di tutorial e guide facilmente reperibili, la possibilità di creare da capo i propri vestiti, modificare e/o riparare abiti già in nostro possesso è alla portata di moltǝ. 

Se il mondo della moda mainstream risulta ancora problematico a livello etico e sembra aver perso parte della sua spinta creativa, è incoraggiante pensare a un futuro dove ciò che indossiamo non sarà deciso dal mercato e da pochi stilisti affermati, ma saremo noi ad aiutarci a vicenda nella creazione di capi che ci mettano a nostro agio e ci permettano di esprimerci senza compromessi.