Quando mi è stato chiesto di seguire una rubrica su questo nuovo magazine ero a dir poco entusiasta e ho cominciato subito a fantasticare su quali potessero essere l’ambito e lo stile: avrei potuto dedicarmi ad uno spazio per cinefili prendendo in giro gli haters delle multisala e facendo perdere tutta una parte di lettori radical chic al mensile appena nato; oppure avrei potuto dedicarmi alla mia grande passione per le serie televisive e scrivere un primo articolo del tipo “The Walking Dead: 10 motivi per non guardarlo”, rimuovendo un’altra buona fetta di lettori.

Poi mi è stato detto il titolo della rubrica. Simpatico, divertente e pure autoironico. Ma perché a me? Che dovrei scriverci?

“Sei lesbica, scrivi una rubrica dedicata al mondo lesbico bolognese”.

Ebbene sì, sono lesbica e penso si possa pure dire che racchiudo in me quasi tutte le caratteristiche principali dell’essere tale: sono vegetariana, possiedo almeno tre camicie a quadri, convivo con la mia compagna più o meno dal giorno in cui ci siamo conosciute e abbiamo pure un gatto e una moto.

C’è però un leggerissimo dettaglio che mi crea da sempre gravi problemi identitari, e no, non è il non saper aprire le bottiglie di birra con l’accendino (quello sarà argomento di tutt’altro articolo): mi manca totalmente il famoso e un po’ stereotipato gruppo di amiche lesbiche. Sì perché, se c’è una cosa che ci insegnano i telefilm a tema, oltre al fatto che a San Francisco tutte le donne sono almeno bisessuali, è che ogni lesbica che si rispetti è circondata da amiche, fidanzate delle amiche, ex, ex delle ex (caratteristiche spesso racchiuse nella stessa persona) con le quali uscire, parlare e bere birra (aprendo le bottiglie con gli accendini).

Ecco, io invece sono circondata da uomini, per lo più gay. Posso scrivere una rubrica per uomini? No, seppur le mie conoscenze teoriche possano di gran lunga superare quelle pratiche di una buona percentuale della popolazione omosessuale maschile.

Insomma, sono forse la persona meno adatta a gestire questo spazio e se da una rubrica intitolata La Patata Bollente vi aspettavate colonne di dissertazioni su lesbo drama come una sorta di Carrie Bradshaw omosessuale, ecco bene, non sarà così.

pubblicato sul numero 0 della Falla – dicembre 2014

immagine realizzata da Andrea Talevi