Quattro numeri de “La Falla”, quattro “Patate Bollenti”, e ancora niente su “Brenda”; nemmeno una piccolissima menzione dell’app per incontri del mondo lesbico, la versione femminile di “Grindr”.
Ebbene, è proprio ora di porre un rimedio a questa gravissima mancanza e, soprattutto, è tempo di chiedersi il perché di questa “dimenticanza”: perché quest’app risulta ancor oggi quasi sconosciuta? Perché non è entrata prepotentemente nel nostro mondo e nel nostro modo di comunicare, come invece è successo per la sua versione maschile?
Perché per i gay Grindr è riuscito a diventare un potente sostituto al gay radar, mentre per le lesbiche continua ad essere nel peggiore delle ipotesi un’app scaricata per sbaglio al posto Blablacar, e nella migliore un’alternativa a Whatsapp per parlare con le amiche? Insomma, perché “Brenda” non funziona?
Superando poi l’ostacolo del nome, magari ti iscrivi pure, sperando di poter incontrare persone interessanti, sveltine o addirittura la donna della tua vita. E invece ti ritrovi di fronte, nell’ordine: la bisex/etero curiosa che ti propone una cosa a tre con il fidanzato, la psicopatica stalker, la tua migliore amica, il fidanzato della bisex/etero curiosa di cui sopra.
Poi c’è il problema riguardante l’accuratezza del raggio di azione. Ora, vivi a Bologna, al Pratello (il quartiere talmente LGBT+ che in confronto la Los Angeles di The L Word ricorda Rimini durante i meeting di CL), e l’utente più vicina sta a San Lazzaro. Ed è la tua amica Giulia. L’unica con la quale poi effettivamente ti scrivi su Brenda.
Tutto questo non può che portare all’annosa questione: ‘le lesbiche non esistono’. O meglio, sì, esistono, ma non fanno veramente sesso. Insomma, si sa, sono donne: non sono davvero interessate all’atto sessuale, vivono di preliminari, si trasferiscono insieme dopo il primo appuntamento e adottano gattini.
Vi piacerebbe! Il fatto è che sappiamo cercarci senza il bisogno di un’app.
pubblicato sul numero 4 della Falla – aprile 2015
immagine realizzata da Andrea Talevi
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