Dietro un grande uomo c’è sempre una donna che alza gli occhi al cielo. Ebbene: sembra che alle spalle di messer Durante degli Alighieri – nato a Firenze nel 1265 e più noto come Dante, il Sommo Poeta – ce ne fossero due. Una è la moglie Gemma Donati, promessa per contratto a dodici anni, figlia di Manetto e cugina sia del terribile Corso ⎼ podestà di Firenze e capitano del popolo ⎼ sia di Piccarda Donati – protofemminista strappata dal convento e data in sposa, contro la sua volontà, a Rossellino della Tosa, guerriero violento e femminicida – e l’altra è, nemmeno a dirlo, Beatrice, Bice Portinari. «La donna sua», come la definisce lo stesso Dante.

forse Gemma Donati in
un ritratto di Sofonisba Aguissola

Gemma è pragmatica e competente, sa stare al posto suo e ben governa casa e figli, anche questi poco considerati dal Sommo; non solo tiene diligentemente la barra delle relazioni sociali toscane a dritta quando il marito finisce in esilio a Ravenna, ma già negli anni precedenti collabora discretamente con lui alla stesura di alcuni versi della Commedia. Sì, proprio quella: la Divina, che parla di ogni tipo di amore – per l’uomo e la donna, per ogni creatura animata e inanimata, per la natura, per Dio, per la ragione –  e che eleva a modello di ogni virtù femminile di certo non la consorte, ma l’amante. La cifra stilistica della maritata Alighieri non si rintraccerebbe soltanto nel XXIII Canto del Purgatorio, quando il Poeta incontra Forese Donati – terzo cugino di Gemma, al quale lei era particolarmente affezionata – e, in barba a tutte le loro tenzoni poetiche avute in vita, afferma un accorato «La faccia tua, ch’io lagrimai già morta, / mi dà di pianger mo non minor doglia», ma anche nell’intero approccio alla figura di Beatrice.

Facciamo chiarezza: Beatrice non è e non è mai stata amante di Dante. Facile che l’uomo si sia preso una scuffia notevole per la ragazza – il primo amore si direbbe oggi, idealizzato e mai realizzato – perché i due si conoscono da bambini, ma lei è già promessa a Simone de’ Bardi, mercante e banchiere di Firenze molto ricco e potente e dalla personalità forte che mai avrebbe permesso a un rampollo di nobili origini ⎼ ma decadute ⎼ come il Sommo di fare il filo a qualcuna sulla quale lui ha già posato gli occhi. Il Poeta, allora, sublima e scrive. Di amore, naturalmente. Lo fa per gioco, insieme agli amici stilnovisti Guido Cavalcanti e Lapo Gianni, quando compone un sirventese con una vera e propria classifica delle sessanta donne fiorentine più affascinanti, che ospita al trentesimo posto Gemma e al nono Beatrice e lo fa più seriamente quando veicola il suo messaggio in città attraverso la poesia. Quando firma la Vita Nuova, Dante è già famoso e ben consapevole che il suo pubblico sia formato soprattutto da donne. È proprio a loro, e per loro, che scrive: «Donne ch’avete intelletto d’amore, / i’ vo’ con voi de la mia donna dire, / non perch’io creda sua laude finire, / ma ragionar per isfogar la mente».

Incipit Vita Nova di Cesare Saccaggi

Un afflato ancora vagamente giovanile, di progetti futuri e sogni da realizzare: il fiorentino racconta di quanto vorrebbe partire alla ventura con i compagni, ma anche con alcune ragazze e fra queste non c’è Beatrice, c’è Gemma. E la cosa è facilmente spiegabile: la prima muore di parto che non ha nemmeno ventiquattro anni; date alla mano, quando Dante (e la moglie) lavorano alla Commedia, lei è già là dove la colloca il Poeta da quindici anni e chi ci pensa a placare gli animi di Simone de’ Bardi che legge a quel modo del suo primo, defunto amore negli scritti di Alighieri? Gemma, ovviamente: il mercante è uomo sensibile e persona degnissima e diventa, col tempo, amico caro della Donati; la omaggia persino battezzando col suo nome una delle figlie avute dal secondo matrimonio e lascia che Dante scriva di Beatrice nei suoi lavori, proprio perché consapevole che la penna del Sommo è impugnata anche dalla mano della donna. Di contro, gli Alighieri suggeriscono ad Antonia – unica figlia di Dante e Gemma – il nome da prendere insieme ai voti, quando decide di farsi monaca: Beatrice, in segno di vicinanza alla famiglia Bardi.

Piccolo approfondimento semiserio, dopo aver assistito allo spettacolo Intelletto d’Amore di Lella Costa e Gabriele Vacis. Potete ascoltare qui il podcast. 

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