È di qualche settimana fa l’annuncio di una ricerca che avrebbe individuato una variazione nel Dna che causerebbe l’omosessualità: una perniciosa mutazione che colpisce solo i maschi fratelli minori spingendoli a fare pompini.
Non si contano le divagazioni su questo tema: è sufficiente digitare genetica e omosessualità per trovare migliaia di riferimenti, mentre digitando genetica e eterosessualità i risultati sono pari a zero. L’eterosessualità resta il paradigma naturale e indiscutibile, inindagabile, al confronto del quale ogni variante umana va valutata come frutto di un guasto, di un accidente nell’ordinato procedere delle cose.
Colpisce l’adesione, a volte entusiastica, di tante persone omosessuali ai risultati di queste ricerche. Si sentono sollevate. Non è responsabilità loro se sono gay: la natura ha giocato uno scherzo, ha sterzato in qualche punto e li ha fatti così. Il sottotesto è: se avessi potuto scegliere sarei stato etero, ma non dipende da me.
Una posizione che fa ribollire il sangue nelle vene. Una rappresentazione di se stessi che toglie valore alla propria persona. Gay per sbaglio. Per errore. Per nascita. A prescindere dalle infinite variazioni dei desideri erotici e dalle miriadi di istanze affettive che ognuno prova in ogni istante della vita.
Non c’è nessun percorso di liberazione da intraprendere. Le società sono belle e ordinate: si nasce gay e si nasce etero. Ognuno al suo posto e nulla venga messo in discussione. Tanto non si ha scelta. Poi si muore.
pubblicato sul numero 32 della Falla – febbraio 2018
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