UN ROMANCE GAY INTIMISTA, APPASSIONATO, DAL SAPORE AGRODOLCE E SOSPESO NEL TEMPO

Ocho e Javi s’incontrano per caso a Barcellona e si piacciono subito. Dopo aver fatto sesso, trascorrono il resto della serata insieme, raccontandosi e conoscendosi. Javi spiegherà la strana sensazione di familiarità provata da Ocho: i due si erano già conosciuti esattamente vent’anni prima, sempre a Barcellona, ma in circostanze molte diverse.

Sino a questo punto la trama di Fin de siglo, primo lungometraggio dell’argentino Lucio Castro, prende forma in maniera lineare, senza particolari sussulti, con uno stile naturalistico che rimanda ad altre pellicole: Weekend di Andrew Haigh, la trilogia Before di Richard Linklater e il ciclo dei Racconti delle quattro stagioni di Éric Rohmer, in particolare Un ragazzo, tre ragazze (in originale Conte d’été), fonte di ispirazione dichiarata dallo stesso regista. Ma da qui in avanti Castro, autore anche della sceneggiatura e del montaggio, scompagina i piani temporali, grazie a svolte ed espedienti narrativi inaspettati: i ricordi del passato si mescolano al presente e a una realtà alternativa, forse un sogno a occhi aperti, secondo il classico canone del what if, diventando un intrigante tutt’uno da districare, volutamente aperto alle possibili interpretazioni del pubblico.

Attraverso i destini (più volte) incrociati di Ocho e Javi ripercorriamo i cambiamenti che hanno segnato l’esistenza e le relazioni delle persone gay negli ultimi vent’anni: dal cruising all’aperto alle app per incontri come Grindr, dallo spauracchio opprimente dell’Hiv all’uso della Prep, fino al matrimonio egualitario e l’omogenitorialità. I protagonisti ci ricordano quanto nel corso della vita prospettive, desideri e progetti possano cambiare anche radicalmente, aprendo riflessioni esistenziali sull’animo umano, spesso lacerato da spinte in conflitto tra loro: da un lato il desiderio di solitudine, di «uno stato di libertà perpetua […] non dipendere da nessuno, non prendersi cura di nessuno», dall’altro la ricerca costante di contatti con l’altrə, siano essi fugaci incontri passionali o relazioni durature.

La chimica tra i due attori, Juan Barberini e Ramon Pujol, conferisce realismo alle scene di sesso, differenti in base al periodo narrato e all’evoluzione del loro rapporto: dal sesso occasionale, vorace e un po’ meccanico, a quello più intimo e ancora passionale, nonostante la consolidata routine coniugale, passando per la (vera) prima volta, giocosa quanto impacciata e frettolosa.

In contrasto con la frenesia di certo cinema, soprattutto commerciale, Fin de siglo – distribuito anche con il titolo inglese End of the Century – ha il coraggio di prendersi il proprio spazio e ritmo, come nei 13 minuti iniziali, completamente privi di dialoghi, in cui la macchina da presa pedina Ocho a spasso per Barcellona. La città spagnola, con le sue caratteristiche ramblas, piazze, musei, parchi e spiagge, è a tutti gli effetti la terza protagonista di questo romance gay intimista, appassionato, dal sapore agrodolce e sospeso nel tempo. Un gioiello del cinema indipendente da scoprire, che si presta a visioni reiterate, con cui Lucio Castro si rivela senza dubbio un autore da tenere d’occhio.

Immagine in evidenza da torinofilmfest.org, nel testo da quinlian.it e da estiloysalud.es