di Vincenzo Branà
La notizia è che a Bologna è stato utilizzato per la prima volta il Daspo urbano, cioè il provvedimento introdotto dal decreto Minniti-Orlando e che sanziona con una multa e un allontanamento temporaneo, più o meno lungo, condotte ritenute contrarie alle “regole del territorio”.
“Non è affatto un provvedimento illiberale né classista” tuonava il ministro Minniti (Pd) mentre il decreto veniva discusso in aula. “Quest’idea – diceva – che il decreto serva ai sindaci per ripulire i centri storici delle città, confinando i marginali ancora più ai bordi, significa non averlo letto”. Alla prova dei fatti, cioè all’indomani dell’applicazione di quello strumento a dieci homeless, possiamo dire con altrettanta chiarezza che il ministro si sbagliava, o addirittura mentiva, a seconda di quanta buona fede vogliamo riconoscergli.
E se i numeri che descrivono l’applicazione del Daspo urbano non consegnano certo a Bologna la palma della città record, va detto che in altre città dove questo è stato attivato in maniera più frequente, ad esserne colpiti non erano i senza fissa dimora bensì gli spacciatori o i venditori di merce contraffatta. Sono poche le città – e Bologna purtroppo è tra queste – in cui la sanzione ha preso di mira i poveri per il semplice fatto di essere tali, cioè di dormire per strada tra cartoni e masserizie. La questione è grave e contraddice in maniera clamorosa la narrazione di città accogliente e solidale che le istituzioni cercano continuamente di costruire e cavalcare. Non solo: la questione spalanca scenari allarmanti, che possono infierire sulla marginalizzazione delle persone LGBT+ più di quanto la sola idea del Daspo non faccia già. In questo senso occorre ricordare che a Napoli negli ultimi mesi è stato richiesto un mini-Daspo nei confronti di due transessuali accusate di adescamento, sollevando una forte protesta delle associazioni.
Con una politica che, dopo aver messo per anni la polvere sotto al tappeto, ora sceglie addirittura di metterla lontano dal tappeto, nella speranza attecchisca altrove, appare quasi impossibile costruire un confronto proficuo. Però vale la pena tentare, magari semplicemente rilanciando la domanda che – proprio mentre la polizia spazzava via gli homeless – veniva pronunciata sul palco del Teatro Stabile della nostra città: “ma tu quando sei dentro casa, cosa pensi dell’uomo fuori sotto la pioggia?”
pubblicato sul numero 30 della Falla – dicembre 2017
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