di Vincenzo Branà
A fine febbraio in Cecenia la polizia ha fermato un ragazzo sballato: dal suo cellulare ha capito che si trattava di un ragazzo omosessuale. Proprio partendo da quel telefonino, le forze dell’ordine sono riuscite a stilare una lista di persone, a loro avviso, omosessuali. Così è partita la violenta repressione dei gay in Cecenia denunciata dai giornalisti della Novaya Gazeta.
In Canada nel 1965 George Klippart fu condannato al carcere a vita perché omosessuale. La legge anti-gay fu abolita nel 1969 ma Klippart fu rilasciato solo due anni dopo. In Camerun l’omosessualità è un reato punito con il carcere: può bastare un sms per essere condannati. In Uganda la punizione per gli omosessuali arriva fino all’ergastolo: in una recente proposta di legge, per ora accantonata, si intendeva punire anche chi, pur essendo eterosessuale, non avesse denunciato gli omosessuali alle forze dell’ordine. In Iran l’omosessualità è sanzionata per legge a suon di frustate ma le associazioni internazionali hanno documentato casi di persone arrestate, torturate, giustiziate. Negli ultimi anni abbiamo anche sentito parlare delle stragi di gay in Iraq e dello squadrismo dei gruppi neonazisti russi ai danni delle persone LGBT+. Con queste violenze non servono frasi di circostanza, utili solo a far tacere la coscienza, è necessaria una vera e propria ribellione. Deve essere metodica, strategica, organizzata. Non violenta ma feroce. Non è possibile delegarla, non può essere soltanto solidarietà.
pubblicato sul numero 25 della Falla – maggio 2017
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