di Vincenzo Branà
Il pomeriggio del 24 novembre 1991 moriva Freddie Mercury. Il suo assistente, intervistato diversi anni dopo, racconta che quel pomeriggio il medico era andato a casa sua per la solita visita di controllo: Freddie non si muoveva dal letto e respirava a fatica. Solo dopo l’uscita del medico, l’amico si accorse che il leader dei Queen aveva smesso di respirare: corse a fermare il dottore, lo fece rientrare in casa ma lui non poté fare altro che constatare il decesso. Il 16 dicembre di quello stesso anno, il 1991, a molti chilometri di distanza, moriva Pier Vittorio Tondelli. Fu per tutti un fulmine a ciel sereno: Tondelli aveva 36 anni e tutti pensavano avesse appena iniziato a regalare le sue meravigliose pagine. In comune Freddie Mercury e Pier Vittorio Tondelli hanno moltissime cose, alcune evidenti, altre meno. In questi giorni in cui ricorrono i venticinque anni dalla scomparsa di queste due comete straordinarie, abbiamo il dovere di riflettere sull’istante che questo anniversario celebra, sul momento esatto in cui le due stelle si spensero, su quanto ci dice la loro morte, oltre che la loro straordinaria vita. Pier Vittorio Tondelli e Freddie Mercury, stando ai referti medici, morirono entrambi di polmonite. In realtà negli anni – e soprattutto in quegli anni – abbiamo imparato a leggere nelle righe di quelle diagnosi molto di più. Il non detto era l’AIDS, occultato dalla vergogna di chi moriva nel suo abbraccio e di chi attorno urlava alla “peste gay”. In questo anniversario allora, con dolore, ricordiamoci del silenzio, della vergogna, della solitudine, e perfino dei comunicati stampa con cui si tentò, a quei tempi, di riscrivere la storia. Ricordiamoci che mentre lottiamo contro un virus siamo in trincea nella società, per sconfiggere i fantasmi che hanno reso le nostre lacrime ancora più amare.
pubblicato sul numero 20 della Falla – dicembre 2016
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