di Vincenzo Branà
C’erano alcuni che alle 10.15 erano già seduti al tavolo: per chi vive per strada e la notte trova rifugio in un dormitorio, la giornata inizia presto e molto spesso con un brusco risveglio. Il letto è solo un giaciglio temporaneo e c’è un orario entro il quale ti viene chiesto di lasciarlo. Così alle 10.15, se la giornata è partita in quel modo, di strada ne hai già messa un bel po’ sotto i piedi e probabilmente sei in cerca di una sedia al caldo su cui riposare. La nostra Befana per le persone senza fissa dimora, insomma, è partita sin da subito con il pienone e così è andata avanti fino alle 16, l’ora che avevamo fissato per lo stop alle danze. Che non è solo un modo di dire: sotto la shiny disco ball, tra una pastasciutta e un panettone, c’è anche chi ha approfittato dell’occasione per calcare la pista di cui tanto si parla in città. “Ma qui siete tutti gay?”, ha chiesto qualcuno. Di domande come questa ne sono arrivate diverse, camuffate dai bisbigli di un imbarazzo benevolo, nutrito da una sana curiosità. Le risposte erano quelle fresche dei volontari che in gran numero si erano resi disponibili per quest’impresa.
L’apertura delle porte del Cassero alle persone senzatetto a qualcuno potrà essere sembrata una stranezza, se non addirittura la solita “buona azione” con cui decorare un curriculum. Nelle nostre teste non è stato così: dietro a quella giornata si cela una quotidianità di relazioni con queste persone, che tra le nostre mura hanno trovato la forza, magari anche dopo molti anni, di dire: sono gay o lesbica o trans. La loro storia è la nostra storia. E rispetto al mondo e a come vanno le cose, stiamo tutte e tutti dalla stessa parte. Una volta a una mamma speciale che portiamo tutti nel cuore fu chiesto: di cosa hai paura? Del fascismo, rispose lei senza esitare. Ecco, noi siamo convinti che la nostra militanza contro tutti i fascismi passi anche da qui.
pubblicato sul numero 2 della Falla – febbraio 2015
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