Se sei una donna, qualunque sia la tua passione, devi entrare sgomitando in un mondo di uomini, competere ad armi impari e il tuo nome, in qualche modo, verrà sovrascritto dalla storia. Questo è quello che hanno imparato le scienziate che per secoli, sfidando le regole sociali, hanno contribuito alla ricerca, mentre mariti o colleghi si assumevano i meriti del loro lavoro.
Oggi, nonostante le lotte e i progressi, la presenza delle donne nella scienza rimane una questione aperta, soprattutto nelle discipline STEM (l’acronimo che sta per Science, Technology, Engineering and Mathematics). Per avere un’idea: dal 1902, solo 26 donne hanno vinto un Premio Nobel per la chimica, la fisica o la medicina, mentre agli uomini ne sono stati assegnati più di 600. E se raggiungere le vette del prestigio accademico è un tabù, anche partecipare non è alla portata di tutte.
Secondo la ricerca European Girls in STEM, in Italia il 41% delle adolescenti si sente portata per la matematica e il 49% per l’informatica, ma solo il 12% decide di intraprendere un percorso in questi ambiti, mentre i dati migliorano per le scienze e la biologia. In molte, infatti, sono convinte che non ci siano pari opportunità lavorative e pensano di essere meno brave dei ragazzi. In parte, questo dipende dagli stereotipi di genere – alle ragazze le arti, le lettere e l’uncinetto, ai maschietti i computer e le costruzioni -, dalle aspettative sociali – puoi essere madre e orbitare sulla Stazione Spaziale Internazionale? – e dalla mancanza di modelli a cui ispirarsi – i cosiddetti role model, figure di successo per cui ti svegli e pensi «Ma allora anche io lo posso fare!».
Tuttavia, il problema della disparità di genere non si ferma alle iscrizioni all’università. Se in Italia il numero di studentesse e di dottorande nelle STEM è in crescita e supera la media europea, avanzando nella carriera la presenza delle donne cala drasticamente: le ricercatrici sono solo il 19% del totale (dati MIUR, 2019). Come suggeriscono i risultati delle ricerche di Sara Sesti e Liliana Moro, in Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie: «Un luogo comune attribuisce i motivi dell’assenza delle ricercatrici dai ruoli di responsabilità al fatto che la scienza è un ambiente così competitivo, da spingere le donne a tirarsene indietro […]. I rapporti ufficiali […] mostrano invece che gli stereotipi non reggono alle cifre attuali e che le ricercatrici vengono deliberatamente scoraggiate dal dedicarsi alla scienza, attraverso precariati più lunghi, paghe più misere e giudizi sprezzanti sul loro lavoro».
Inoltre, sebbene dati analoghi non siano stati raccolti in Italia, uno studio dell’Accademia Nazionale delle Scienze negli Stati Uniti, evidenzia che più del 50% delle donne delle facoltà statunitensi di scienze, ingegneria e medicina ha subìto molestie sessuali. Un fenomeno che può portare a «ritirarsi dalle opportunità di leadership per evitare che vengano perpetrate le molestie, lasciare le istituzioni o completamente l’ambito di lavoro». Una questione globale, insomma, nella quale emerge come i fattori sociali, culturali e politiche presenti nella società si ripropongono tali e quali nel mondo della scienza.
Va riconosciuto, tuttavia, che le istituzioni si stanno impegnando per migliorare la situazione. Secondo l’Unione Europea, colmare il divario di genere nelle STEM potrebbe aumentare l’occupazione delle donne, ridurre le differenze retributive e far crescere il PIL pro capite. Inoltre, aumenterebbe il valore e la rilevanza sociale della ricerca, perché la mancanza di donne nella scienza limita la ricerca alla prospettiva maschile, rendendo a sua volta il mondo un posto per soli uomini.
Fino a 50 anni fa, per esempio, le architette e ingegnere erano quasi completamente ignorate. Per questo, nessunə ha adattato la cintura di sicurezza ai corpi delle donne oppure ha organizzato i trasporti pubblici in modo da renderli funzionali al lavoro di cura o a chi è più a rischio di aggressioni in luoghi bui e poco frequentati. In ambito biologico e sanitario, finora, molti dati sono stati raccolti sui maschi, elaborando teorie inadeguate a spiegare il funzionamento dei corpi femminili. Persino i programmi di intelligenza artificiale sono influenzati dagli stereotipi di genere, con impatti potenzialmente devastanti sui risultati delle loro applicazioni.
Il contributo femminile alla ricerca e all’innovazione nelle STEM è essenziale per rendere migliore e più sicura la vita delle donne stesse, per mitigare gli effetti delle discriminazioni di genere e per moltiplicare i modelli di riferimento per le generazioni future. Inoltre, ogni giorno vengono legittimate decisioni etiche, politiche e commerciali che plasmano la realtà basandosi sui dati e sulle scoperte scientifiche. Per questo, la parità di genere nella scienza è indispensabile se si vuole contribuire rendere il mondo un posto più equo e giusto per tuttә.
Perseguitaci