TRA SPIONI SOCIAL E CAMPAGNE CHOC. DOPO IL 4 MAGGIO CHI SARÀ IL PROSSIMO NEMICO?
Per strada tante facce
non hanno un bel colore
qui chi non terrorizza si ammala di terrore.
Fabrizio De Andrè, Il bombarolo
Siamo state prima immunologhe, poi virologhe. A ogni discorso di Conte siamo state fini costituzionaliste ed esperte di economia pronte a pontificare sul Mes. Tra una disquisizione sul R0 del virus e una sugli Eurobond siamo state anche fornaie e chef. Adesso siamo anche esperte di 5G e soprattutto lo siamo se propense a credere che la terra possa essere piatta, che iniezioni di candeggina curino il Covid-19 e che quest’ultimo sia stato inventato da Bill Gates per dimezzare la popolazione mondiale. Prima di tutti questi mestieri super top da mettere nel curriculum, però, in molte siamo state soprattutto cecchine da balcone, agenti segrete da tapparella e questurine in borghese – e imborghesite – pronte a stilare dettagliate denunce social sui comportamenti dei nostri vicini.
Santi, poeti e delatori, titolava Wired il 19 marzo, quando l’Italia era in lockdown da otto giorni e zelanti frange della popolazione iniziavano a praticare un nuovo sport, quello dell’appello tra l’accorato e l’oltraggiato all’intervento delle forze dell’ordine o dei reparti speciali di Facebook. Questo sport ha appassionato gli italiani e le italiane in maniera trasversale, cancellando le differenze di ceto, di istruzione e occupazionali. Persino la stampa, non tutta ma molta, si è prestata a questa nuova moda.
Il vero campo da gioco, però, sono stati i social. Nel giro di pochissimi giorni – ore! – gruppi dai titoli come Segnalazioni a piede libero si sono riempiti di iscritti e gruppi di quartiere o di città sono diventati la nuova frontiera della delazione virtuale. «Ho visto due signori anziani camminare a braccetto, con una cartella sottobraccio, dove stavano andando?!», tuonava un utente di un gruppo del paese dai vicoli stretti. Il post è durato poco, per fortuna, ma altri, simili, non hanno tardato ad arrivare. «Ore 10.15. Una donna passeggia indisturbata in via xxx. Io non ho parole» è un post comparso su quello stesso gruppo e anch’esso cancellato, non prima di aver raccolto centinaia di commenti equamente suddivisi tra persone che invitavano alla calma e altre che auspicavano l’intervento dei corpi speciali. Era solo il 20 marzo, e da lì in poi i social si sono saturati di post per segnalare i pericolosi criminali che stanno violando le disposizioni, i telefoni di questure e commissariati hanno iniziato a squillare freneticamente, i gruppi WhatsApp e Telegram e le caselle di posta elettronica dei giornali nazionali si sono riempiti di messaggi urgenti. Molt* italian* – complice anche il diffondersi della retorica bellica – sono diventat* protagonist*, vittime e carnefici, della canzone Il bombarolo: «Vi scoverò i nemici per voi così distanti e dopo averli uccisi sarò tra i latitanti, ma finché li cerco io i latitanti sono loro». Non so in città, ma in posti come il paese dai vicoli stretti ogni visita alla farmacia o al supermercato è diventata fonte di terrore: e se toccasse a me – o ai miei familiari – essere fotografati e sbattuti sui social come la foto di Osama Bin Laden dopo l’11 settembre?
Il 27 marzo questo nuovo sport delatorio assume toni grotteschi. «Ci sono assembramenti di persone che ritieni in contrasto con le regole sull’emergenza sanitaria? Puoi segnalarli direttamente all’Autorità competente con il Sus (sistema unico di segnalazione) attivo sul portale istituzionale di Roma Capitale. È semplice, segui le istruzioni». Con un post di poche righe e un’infografica molto dettagliata la giunta targata Virginia Raggi crea il primo sistema di delazione istituzionale. Talmente istituzionale che per accedere serve lo Spid, il Sistema pubblico di identità digitale. Il post sulla pagina Facebook di Roma Capitale a oggi ha 1500 reazioni e oltre 2600 commenti. La delazione di stato, invece, è stata approvata in Danimarca e potete leggerne qui.
E mentre le autocertificazioni cambiano alla stessa velocità dei cambi abito di Brachetti, il clima di polizia social ha creato una distinzione tra chi si è ammalato di terrore – del virus, di uscire, di finire spiattellato su cronache e gruppi Facebook – e tra chi invece ha adottato il terrore come strategia per far rispettare pedissequamente lo state a casa. Casi emblematici di chi ha deciso di fare del terrore la propria arma – se vincente o meno ce lo diranno i posteri – sono stati il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca, il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu e altri amministratori locali come Antonio Decaro, sindaco di Bari. Senza ovviamente dimenticare il vicesindaco leghista di Ferrara Nicola “Naomo” Lodi e il suo video di denuncia contro un runner che si sarebbe poi scoperto essere paziente psichiatrico.
Se sulle uscite di Vincenzo De Luca si sono spesi fiumi di inchiostro – «Alle feste di laurea ci mandiamo i carabinieri, ma con i lanciafiamme», «In Campania sono arrivate 552mila mascherine. Ci vuole veramente una fantasia accesa per definirle mascherine, a meno che non si pensi alle maschere che usano i nostri nipoti a Carnevale. Questa va bene per fare Bunny il coniglietto», «Se volete collaborare bene, se volete le sciabole, meglio» – e se la passeggiata di Decaro sul lungomare di Bari per redarguire i suoi concittadini è diventata un cult, l’iniziativa di Truzzu ha avuto meno notorietà. «Quando hanno intubato mio padre ho ripensato a quella passeggiata che dovevo evitare», «Quando hanno portato mia madre in ospedale, ho capito che dovevo rinunciare alla corsa», e «Quando mio figlio è stato contagiato, ho capito che dovevo rinunciare a quella spesa inutile» sono le frasi che il sindaco in quota Fratelli d’Italia ha deciso di affiggere in formato gigante per le strade di Cagliari: un metodo passivo-aggressivo di colpevolizzazione della cittadinanza che ha sollevato non poche polemiche in città e sull’isola.
Tra un bollettino della Protezione Civile e l’altro, comuni cittadin* e amministrator* locali hanno contribuito a creare un clima di incertezza e sospetto, clima alimentato anche dalla totale discrezionalità che le forze dell’ordine preposte al controllo hanno nel determinare quali uscite siano da considerarsi essenziali. Così di giorno in giorno si sono creati nuov* capr* espiator*, che fossero i/le runner o chi è stat* multat* per aver comprato beni ritenuti non essenziali.
Ieri, 4 maggio, è entrato in vigore il nuovo decreto che dovrebbe traghettarci verso la fase 2 – per ora, al massimo, siamo nella fase 1 e ¼ – che introduce gradualmente maggiori libertà di spostamento man mano che consentirà l’apertura degli esercizi commerciali e delle imprese. Non il tana libera tutti che molt* sognator* stavano aspettando e sicuramente un decreto perfettibile – si veda la questione congiunti poi chiarita in maniera pessima – in un secondo momento.
Chi sarà il nemico della prossima fase?
Perseguitaci