(USA, 1983, 90’)
«Donne nere, siate pronte! Donne bianche, state all’erta! Native americane, siate pronte anche voi»: Born in flames, science fiction femminista di Lizzie Borden, chiude le proiezioni dell’undicesima edizione di Some Prefer Cake, festival bolognese di cinema lesbico.
Girato nei primi anni 80 in forma di documentario, presenta una New York ucronica dove, dieci anni dopo la rivoluzione che ha portato al potere il partito socialista, all’uguaglianza dichiarata dai giornali e dalla televisione corrisponde ancora una disparità subdola tra i generi, le classi, gli orientamenti sessuali e il colore della pelle.
Nell’indifferenza di uomini e donne, come le pacatissime scrittrici bianche del Giornale della Gioventù Socialista (tra le quali anche la regista Kathryn Bigelow), si sollevano due voci: quella di Isabel (Adele Bertei) e Honey (Honey), conduttrici di Radio Ragazza e Radio Phoenix, che perseguono la libertà «non solo per le donne, ma per tutti». All’operazione mediatica delle due si uniscono l’attivismo di Adelaide Norris (Jean Setterfield), operaia nera, lesbica, comandante dell’Armata delle donne, gruppo di vigilanti in bicicletta pronte a scendere in strada in aiuto a ragazze in difficoltà, e la guida di “Zia” Zella Wiley (interpretata dalla femminista e attivista nera Florynce Kennedy, dal motto«cerco di rendere nervosi i bianchi»),veterana della rivoluzione socialista.
Attraverso l’incontro e lo scontro di questi quattro personaggi, la Borden sottolinea l’importanza delle alleanze tra donne e come spesso la costruzione di questa rete non sia priva di ostacoli e contraddizioni: ci sono forme di attivismo migliori di altre? Quale può essere il ponte tra un femminismo bianco istituzionale e un femminismo nero lesbico popolare? È possibile legittimare la violenza se «nel posto giusto e a momento giusto», come afferma zia Wiley?
Alle spettatrici l’ardua sentenza.
Perseguitaci