di Mizia Mills
Certo che le sovrastrutture culturali… anche dove meno penseresti di trovarle o almeno di percepirne l’influenza! Ti aspetti l’ormone impazzito della conoscenza, la propensione sovversiva e la sana curiosità disincantata della baldanza liceale e trovi invece un silenzio composto. Interlocutorio, quello sì ed è bello. E fiuti che sarà bello.
Il confine è labile tra testimoniare, rappresentare e raccontare il tuo essere T*. Forse, più che raccontare devi essere un libro, parlante e di Verità, perché sai che le tue pagine sono incancellabili e pesanti. Sono il copione di un teatro di vita che è la tua realizzazione, la tua Ascensione. Favolosa e luminosa perché non te la regala nessuno, mai indolore e il martirio, fisico e non, ti fa splendere di luce propria.
Non ho visto croci ma ho sentito le voci dei pensieri e, forse, anche loro hanno fatto “Oh”. No, non è un Circo Barnum con un’esposizione di Veneri Nere, quello che si è seduto con voi. Sono Vite esattamente come le vostre e che si incrociano con le vostre proprio nella banalissima quotidianità.
A partire dalla mancanza o meno di maschere, dall’essere o fingere di. Certo tesoro che vedi un contrasto, come dire, tra il mio sopra e sotto. Se per le tette non puoi sapere a meno che non te lo dica io, alcune altre caratteristiche invece non mentono. È lo stesso contrasto che vedo anch’io ogni giorno. Da sempre. Una volta ti dicevano che a guardarti allo specchio avresti visto il Diavolo. Beh, allora io sono l’Esorcista di me stessa. E come ogni esorcista faccio riti, uso preparati e polveri (san Guerlain god bless you) in un mesmerismo che non è più presa per il culo ma solo consapevolezza del contesto e lucidità/serenità nella scelta dello strumento per affrontarlo. Questa è la mia forza e questo è il paradigma, per molte di noi persone T*, della nostra umanità.
Vite che si incrociano. A partire dall’aspetto relazionale e familiare. E allora, scoprire che il nostro grado di separazione è una ragazza poco più che tua coetanea, ti fa toccare con mano che le Vite Divergenti del MIT su Real Time, nel caso l’avessi visto, non è solo una serie televisiva. Ti fa toccare con mano, ti dà la possibilità di chiedermi come viva con mia figlia. Ti fa capire che cosa significhi essere consapevoli del ruolo/responsabilità genitoriale e, soprattutto, di che cosa significhi far vivere a quell’unica donna che ami il naturale punto fermo della distinzione tra figura/affetto genitoriale e persona. Capita che si compri insieme cose da donna che ci servono ma io, per lei, sono sempre papi.
Vite che si incrociano. Come mi potresti incrociare domani mattina, mentre io vado in ufficio e tu a scuola. Per venire da voi mi sono messa un po’ più carina ma domani non sarei molto diversa. Starei con i leggings e le Converse, come te. Così come la scuola ti deve valutare nel merito dello studio, così nel mio posto di lavoro devo essere valutata per come svolgo le mie mansioni. Punto. Come vado, come manifesto la mia espressione di genere sono affari miei. Che cosa cambierebbe se domani andassi in ufficio con le calze e i tacchi invece dei leggings? Certo non è semplice, perché è proprio l’ambiente dove vivi la maggior parte del quotidiano, quello che magari ti assicura la libertà economica, il posto dove devi essere forte e inattaccabile. Il posto per il quale fare o non fare qualche cosa è sempre e solo una tua libera scelta.
La libertà può far paura. Agli altri.
Grazie al Progetto Scuola del Cassero
pubblicato sul numero 13 della Falla, marzo 2016
illustrazione realizzata da Bruma e Miele
Perseguitaci