I centri per migranti irregolari sono spazi liminali, in cui si entra con la certezza di doverne prima o poi uscire, ma senza sapere quando, né soprattutto in che modo, ed è in quell’assenza di certezza che il Centro di Rifugio di Hatchworth si trasforma in incubatore di sogni nel film Dreamers.

La scena si apre con l’ingresso di Isio al Centro di Rifugio di Hatchworth, arrivata dalla Nigeria nel Regno Unito irregolarmente due anni prima. La voce della guardia dà le prime asettiche istruzioni di rito fuori campo, mentre in primo piano la protagonista consegna orecchini ed effetti personali, e sul suo volto vediamo lo spaesamento di una laureata in scienze politiche di fronte a una realtà che non comprende e in cui non sa come muoversi. Quando viene portata nella sua nuova stanza conosce Farah, anche lei nigeriana, che sarà il catalizzatore e la causa del cambiamento nelle prospettive di Isio. L’accoglienza che le riserva non è calorosa o positiva in un modo fuori dal reale, ma contiene un’attenzione e una vicinanza pragmatiche e solide, che sono la cifra delle relazioni in questo lungometraggio.

Nel corso del racconto tra le due nasce una storia d’amore delicata che porta Isio ad uscire progressivamente dall’isolamento del proprio dolore personale per la situazione nel centro rifugio, e per le esperienze precedenti nel paese d’origine.

Di Isio sappiamo che è lesbica, per cui ha dovuto lasciare la Nigeria in cui la sua esistenza sarebbe stata illegale, e laureata in scienze politiche perché avrebbe voluto governarlo lei il suo paese. Proprio questa fiducia nella possibilità di riscatto tramite le istituzioni si scontra però con la realtà delle procedure di immigrazione.

Assistenti, guardie e insegnanti sono tuttə biancə, creando un forte e immediato contrasto tra loro e le donne sotto la loro custodia, prevalentemente nere. E proprio i colori nella scenografia e fotografia hanno un ruolo chiave nel rendere quello che potrebbe essere un film straziante sul dolore delle esperienze migratorie nel 2025 una favola emancipatoria e introspettiva.

Appena dopo l’arrivo a Hatchworth e ogni volta che una persona viene deportata, ombre e luci si fanno più nette e i colori si desaturano, mentre delle ombre rosse accompagnano le urla e i rumori di fondo. Anche la protagonista cambia aspetto in modo evidente quando si trova agli appelli per la propria richiesta di asilo, indossando abiti dimessi e una parrucca che la rendono più accettabile, e forse – ci si chiede – più facile da compatire?

Ma è nella crescita della relazione tra Isio, Farah, Nana e Atefeh che il centro da prigione torna a essere rifugio, somigliando più a una casa o un college, con un focus speciale sulle lezioni di arte e le confidenze sulle vite precedenti. Le luci che illuminano le loro cene cucinate insieme o i momenti intimi della coppia protagonista sono sempre morbide, sognanti, e anche i colori brillanti degli abiti e delle stanze le trasportano in un mondo altro, in cui si può sperare di cambiare il proprio destino, giocando secondo le regole oppure anche no.

In questo primo lungometraggio da regista, Joy Gharoro-Akpojotor rielabora la propria esperienza personale di migrazione, avendo dovuto provare la propria omosessualità per ottenere asilo politico nel Regno Unito a 24 anni. Ed è evidente il tentativo di trasfigurare quel momento, non concentrandosi sulla detenzione e sull’aspetto di limitazione fisica che l’ingresso in un centro rifugio implica, ma sulla possibilità di liberazione che si trova nelle relazioni al suo interno.

Al termine del film non c’è un chiaro lieto fine, non si sa se si possa uscire da quel sistema di accoglienza nè secondo le regole nè violandole, eppure è difficile non sentire che in Isio qualcosa si è liberato, in particolare grazie alle sequenze oniriche che inizialmente le fanno rivivere la propria esperienza di stupro nel sonno, risvegliandola, mentre nel finale si trasformano in una scena di ballo, in cui la protagonista, finalmente libera da quel fantasma, esprime sè stessa a pieno.

Il film è in programma per sabato 20 settembre 2025 al festival di cinema lesbico Some Prefer Cake (alle ore 14:00 al Nuovo Cinema Nosadella).