Profilo di una esistenza radicale
Settant’anni fa, il 21 maggio 1952, nasceva Mario Mieli, «tra il toro e i gemelli, ascendente sagittario» come ləi stessə precisò in un profilo autobiografico apparso sulla rivista Lambda. La prima, fulminante, esperienza di attivismo la vive in Inghilterra dove prende parte alle iniziative del Gay Liberation Front. Nel 1971, tornatə in Italia, fonda il FUORI! con il libraio torinese Angelo Pezzana. L’anno seguente, a soli vent’anni, è unə deə principali fautorə della manifestazione di Sanremo, la Stonewall italiana. Arrivando al Casinò, salutò ə altrə manifestanti con il pugno chiuso. Quando, nel 1974, il FUORI! stabilirà di sancire un patto federativo con il Partito Radicale, Mario Mieli deciderà fermamente di abbandonarlo, non essendo disposto a nessun tipo di compromesso politico.
Nell’aprile del 1976, al quinto congresso del FUORI, contro Angelo Pezzana che, a breve, affronterà le sue prime elezioni, Mieli opporrà la sua vita transessuale, esoterica e schizofrenica. Trattando della propria malattia – nel 1975 era statə internatə in un ospedale psichiatrico e poi in cura in una clinica – ne rivendica il potere conoscitivo. La sua è una vita che non può e non vuole essere normalizzata, che non vuole ricadere nelle maglie pervasive della norma eterosessuale: non si tratta di venire a patti con lo status quo, si tratta, invece, di rovesciarlo. Dice infatti al congresso del FUORI!: «io sono stato in America e l’impressione che ne ho tratto è che la situazione è migliorata dal punto di vista della liberalizzazione, ma non è avanzata dal punto di vista della liberazione. Perché la liberalizzazione che il capitale vuole dare alle cosiddette perversioni in realtà è l’ennesima arma che il sistema usa contro di noi per impedirci di liberarci veramente». Da Mieli e altrə separatisti del FUORI! nasce l’esperienza dei COM (Collettivi Omosessuali Milanesi), gruppi di autocoscienza incentrati sull’attività teatrale come forma di lotta politica. Lo spettacolo più famoso portato in scena, La Traviata Norma, ovvero vaffanculo… ebbene sì!, in un raffinato gioco di metateatro, improvvisazione e rovesciamento mette ə spettatorə eterosessuali nella posizione di essere giudicati come malatə e anormali. La finzione teatrale diventa un terreno di lotta e di svelamento dell’oppressione sistematica delle soggettività queer, con il preciso intento di mettere a disagio ə eterosessuali presenti. Nel 1976, Mieli prende parte all’occupazione di un palazzo nobiliare milanese in via Morigi 8, destinato a diventare un laboratorio di cultura queer, una vera e propria «gaya utopia» nei progetti deə occupanti. Sono gli anni della partecipazione al Festival del Proletariato Giovanile, organizzato dalla rivista Re Nudo, al parco Lambro di Milano dove il gruppo dei COM è vittima di ostilità e violenze. Mieli reagì salendo sul palco e urlando i suoi slogan, tra cui il «Froci sì, ma contro la DC». L’anno successivo in primavera, verrà dato alle stampe il suo capolavoro filosofico, Elementi di critica omosessuale, in una prestigiosa collana dell’Einaudi e subito tradotto in varie lingue. In autunno è presente al convegno contro la repressione organizzato dal Movimento Studentesco a Bologna. Protesta contro la chiusura dell’evento, celebrata da Dario Fo in piazza VIII agosto. Invita alla marcia verso Piazza Maggiore, da cui quel tardo pomeriggio erano statə sgomberatə da poliziotti in tenuta antisommossa per permettere al vescovo di officiare la messa. Ai fischi rispose alzando la gonna di raso gialla e mostrando il culo. Nel 1978, in tuta da operaio e tacchi a spillo, si presenta ai cancelli dell’Alfa Romeo per parlare con gli operai di repressione sessuale e vero comunismo.
Gli ultimi anni della sua vita sono dedicati alla stesura del suo romanzo, Il Risveglio dei Faraoni, e alle sue ricerche alchemiche. Entrando in contatto con la massoneria, recupera una lettera del medico e filosofo rinascimentale Paracelso che interpreta ricercando chiavi di lettura nella psicoanalisi junghiana, nell’antropologia e nella cultura classica. La sua conclusione sarebbe che l’armonia Uomo-Natura può essere raggiunta solo con nozze alchemiche celebrate dalla preparazione di un «pane quotidiano» i cui ingredienti principali sono le feci e alcuni umori umani. La ricerca di liberazione di Mario Mieli sfocia nell’esoterismo, abbandonata la speranza che il cambiamento cercato possa provenire dalla politica, ma pur sempre in uno sfondo di analisi avanguardistica e critica del reale: la denuncia della crisi ambientale (e il suo essenziale rapporto con il capitalismo), la critica all’industria bellica, la necessità di una redistribuzione della ricchezza e, infine, la liberazione dal lavoro tramite l’automazione della produzione. È questa radicalità e questa politicizzazione della vita che rendono, ancora oggi, Mario Mieli un personaggio scomodo e difficile da edulcorare e ridurre a un’icona pop neoliberale: «io sono e sarò sempre più marxista, proprio perché sono dalla parte del giusto, del vero bene» diceva, pochi mesi prima del suicidio.
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