LA QUESTIONE SIRIANA E L’ONDATA LGBT+
Nell’Aprile 2017 in Rojava, una regione semi-autonoma della Siria settentrionale a maggioranza curda, è nato un movimento LGBT+ indipendente per la liberazione omosessuale. Il suo nome è Tqila (The Queer Insurrection and Liberation Army), una vera e propria organizzazione volta all’insurrezione contro un paese che non conosce altre leggi al di fuori della Shari’a. È proprio su quest’ultima che il sedicente Stato Islamico ha costruito le proprie fondamenta per ergere una struttura politica estremista mirata all’esclusione di qualsiasi forma del diverso, sancendo la persecuzione e la pena di morte per le persone omosessuali. La valenza semantica dell’omosessualità rinvia alla decadenza, al “macchiare” i principi islamici e la dignità religiosa. Ciò che non è conforme alla parola del Corano, non è reputabile come morale.
L’unità combattente Tqila nasce come una sub-organizzazione all’interno del noto movimento anarchico curdo siriano delle forze guerrigliere popolari rivoluzionarie internazionali Irpgf. Dietro la fondazione di questo nuovo gruppo vi è la dichiarazione dei volontari di far della Rojava una regione che accolga tutte le comunità e le loro culture indistintamente, sperimentando così una matrice democratica pienamente funzionale. Per arrivare a ciò, la Tqila mira direttamente alle fondamenta culturali che vigono in Siria, contro il binarismo di genere, l’accesa eteronormatività perpetuata dalla religione e il tragico ruolo tradizionale femminile che diviene per le donne, ancora in molti paesi, una vera e propria prigione. Le unità chiedono il coinvolgimento di gruppi e organizzazioni provenienti da tutto il mondo per appoggiare la causa siriana, per sentirsi meno sole in uno Stato che perpetua la guerra da oltre quattro anni in nome dell’alauismo.
Il conflitto, scoppiato dopo le numerose proteste contro il regime, ha portato alla distruzione di intere città e all’uccisione di almeno 200.000 civili, tra cui anche numerosi omosessuali che rivendicavano il loro riconoscimento di fronte alla legge. A questo punto, la riflessione ci suggerisce che il ruolo della donna e delle persone LGBT+ dipende dall’interpretazione che si fa delle leggi divine e non da un diritto fondamentale che dovrebbe essere tutelato a priori, per qualsiasi donna e per qualsiasi persona in quanto tale.
In un periodo storico che ha riservato la brutalità delle molteplici stragi da parte di cellule terroristiche, bisogna riflettere se la dialettica “guerra contro guerra” sia realmente funzionale per chi combatte per la libertà e la pace. Questa dinamica, in realtà, si configura come vuota poiché presuppone una tesi e una sintesi che non sono più conciliabili l’una con l’altra, poiché sconta da un lato l’ideale libertario e dall’altro il banale ricorso alle armi, simbolo di un’endemica fragilità statale.
Nonostante ciò, bisogna ricordare questo momento storico come ricco di fermento, ognuno con la propria corrente politica, ma finalmente con un unico obiettivo comune: sviscerare il patriarcato per ricostruire dalle sue rovine una nuova società più equa e ripulita da assolutismi ideologici.
pubblicato sul numero 29 della Falla – Novembre 2017
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