Sei donne trans* che intraprendono un viaggio di un anno per la regione spagnola del Leòn con l’obiettivo di conoscere meglio sé stesse e le loro compagne. Questa è la premessa di Sedimentos, film di Adriàn Silvestre presentato alla diciannovesima edizione del festival Gender Bender. 

La pellicola è uno spaccato di vita quotidiana, in linea con la passione del regista per il realismo. Da una passeggiata nei boschi a un pranzo in una tavola calda, da una serata tra amiche a una festa popolare, le protagoniste si ritrovano senza un vero e proprio filo logico a mostrare un anno della loro vita nella maniera più sincera. Questo permette di vederle interagire tra di loro e col mondo esterno, reagire a diverse situazioni e anche stati diversi delle percezioni come l’ubriacatura.

L’obiettivo del film è chiaro: rappresentare i diversi modi possibili di essere donna e l’essere trans. C’è tanta differenza sia tra i caratteri delle protagoniste che tra le loro esperienze: c’è chi vive tranquillamente la propria identità e chi fa più fatica a gestirla negli spazi pubblici; chi viene da un passato di abbandono e prostituzione e chi da una famigia accogliente; chi ha sempre saputo della propria identità di genere e chi ha avuto un percorso più lento. 

Purtroppo, data la durata breve del film e le personalità complesse con le quali si ha a che fare, è difficile inquadrare nitidamente tutti i personaggi. È però molto interessante il focus sul confronto tra Yolanda e Cristina, le due donne più adulte. Loro infatti sono quelle col carattere più definito e hanno anche due esperienze di vita opposte, così si ritrovano spesso a discutere anche animatamente di diversi temi, tra i quali soprattutto i rapporti umani. È evidente che le due donne rappresentano  due modelli opposti di come una condizione di marginalità può influire sulla personalità e sulle credenze.

Altro tema del film è l’intersessualità. Infatti Magdalena, l’organizzatrice del viaggio, viene assegnata maschio alla nascita per via dei suoi genitali ma presenta due cromosomi XX. La sua identità di genere le è chiara fin da piccola ma questa scoperta, avvenuta durante l’università, è un fattore determinante nella sua scelta di transizione.

A livello tecnico, il film ambisce alla cinematografia indipendente: ci sono scene molto lunghe che consistono solamente in un’inquadratura di un paesaggio; certamente la bellezza del Leòn spagnolo è una tentazione, però a volte sembra togliere spazio ai personaggi. Inoltre, cercando una rappresentazione realistica, il film non ha una colonna sonora, ma l’accompagnamento musicale è presente solo quando viene riprodotto in scena. 

 

Nel complesso, non è un capolavoro, ma è comunque piacevole. L’idea di fondo vale decisamente la visione, soprattutto se ci si vuole approcciare alla tematica trans* in maniera meno politica e più empatica.

 

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