SUL REVENGE PORN, LA MAESTRA D’ASILO LICENZIATA, LA CULTURA DELLO STUPRO
Questo è solo il mio punto di vista. Parziale, riduttivo e individuale di donna cisgender eterosessuale che – come molte altre soggettività – avrebbe potuto trovarsi nei panni della maestra d’asilo che, nel torinese, ha fatto l’errore (la troia!) di inviare proprie foto intime a un partner che le ha – ovviamente senza il suo consenso – condivise e divulgate. Vittima delle solite opinioni sessiste – ve le risparmio, tanto le conoscete e chissà, forse sono anche un po’ quelle di noi tutt* – è stata pubblicamente denigrata ed è stata addirittura licenziata.
Inutile ribadire che il revenge porn, la cultura dello stupro, i discorsi d’odio, la violenza di genere sono un problema che riguarda tutt* e che sono una questione educativa, sociale, culturale, politica. Quello che però stavolta non riesco a togliermi dalla testa è che, come sappiamo, sono anche una questione privata, personale e intima che influenza profondamente e inesorabilmente la vita di ciascun*, intersecandosi con ciò che avviene intorno a tutt* noi.
Perché sì, il personale è ancora politico. E il politico – il culturale, il mediatico, il sessuale – sono ancora (e sempre) questioni personali.
Questo, quindi, è solo il mio punto di vista. Parziale, riduttivo e individuale di donna cisgender eterosessuale che in questo contesto socio-culturale e politico costruisce, vive e condivide la propria sessualità. I miei desideri, le mie esperienze, i miei vuoti e i miei orgasmi sono reali. Sono qui, ora, e si nutrono della vita, degli eventi, di quello che mi succede intorno, delle persone che incontro e dei loro sguardi. Come succede costantemente a tutte le soggettività.
A volte i giudizi sono bonari e impercettibili: avete presente la collega che ti dice che per tenerti un uomo è meglio farsi desiderare, no? O lo zio che ti suggerisce di essere meno aggressiva altrimenti fai scappare tutt*? Gran parte delle volte, alziamo gli occhi al cielo e cerchiamo di passare oltre.
Altre volte, invece, abbiamo a che fare con commenti, parole e gesti violenti (episodici o reiterati) che, e questa è la cosa che non mi dà pace, diventano prevedibili, banali, di routine.
Hai una vita sessuale attiva e sei pienamente consapevole del tuo corpo, del tuo piacere e di ciò che vuoi? Brava, ma meglio essere un po’ più docile se vuoi instaurare una relazione stabile e non morire sola mangiata dai gatti. Non ti vestire così, non parlare troppo o troppo poco, sii seduttiva ma casta, se non vuole usare il preservativo che sarà mai, accontentalo almeno per questa stavolta che così te lo tieni stretto.
Hai più partner e magari condividi con loro immagini intime? Sei una troia, meglio non farle queste cose e, se qualcosa va storto, te la sarai cercata. Sarai denigrata, stigmatizzata, umiliata. La tua credibilità professionale e la tua integrità personale saranno messe in discussione perché la tua libertà sessuale ha un costo.
Ma è un costo che io non voglio più pagare.
Per tutte le volte in cui – nonostante tutta la consapevolezza umana e professionale – anche io ho creduto a coloro che mi hanno derisa o denigrata per le mie scelte sessuali; per tutte le volte in cui il sessismo mi ha ferita e soprattutto annoiata; per tutte le volte in cui la mia sessualità è stata rinchiusa in un orizzonte che non la contiene e non la valorizza in quanto espressione e condivisione profonda di sospiri, risate, fluidi, sogni, proiezioni, piaceri e, a volte, anche dolori.
Questo, quindi, è solo il mio punto di vista di donna cisgender eterosessuale. Parziale, riduttivo e individuale ma – e questo lo rivendico – fatto anche di consapevolezza, bellezza, fantasia e libertà.
E non sarà il sessismo che, ebbene sì, tutt* ci portiamo dentro, a rendermi meno infinita.
Immagine di copertina da globalist.it, immagine nel testo da insidemarketing.it
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