C’era una volta…? Una contro-fiaba shakespeariana

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C’era una volta una principessa innamorata del suo principe che, per soddisfare tutti i loro desideri, decide di calarsi nella pelle di un uomo. Il principe e la principessa sono due promessi sposi, Bianca e Giovanni, e la trama non è proprio così lineare, né tantomeno tutta rose e fiori. Inoltre, è di un fumetto che stiamo parlando, il pluripremiato Pelle d’Uomo, pubblicato quest’anno in Francia (Peau d’homme per la casa editrice Glénat) e tradotto in italiano per BAO publishing. La storia ha tutta l’aria di voler essere una fiaba. Forse proprio quella che avremmo sempre voluto ascoltare, ma che non ci hanno mai letto, o forse una specie di contro-fiaba, trasgressiva e un po’ shakespeariana.

Fin dalla prima pagina, lo stile grafico incantato, quasi mitico, di Zanzim e Hubert (scomparso nel 2020) ci trasporta in un reame rinascimentale. È Bianca a raccontarci la sua storia, una giovane donna costretta a sposarsi secondo i dettami della sua famiglia con un uomo che non può né scegliere lei, né tantomeno conoscere. Preoccupata all’idea di unirsi a un completo sconosciuto, la sua madrina, una sorta di aiutante buona, prima delle nozze la invita nel suo castello. Ed è qui che Bianca avrà accesso al segreto custodito dalle donne della sua famiglia. Si tratta di una cosa unica e rara, l’oggetto magico che non può mancare nelle favole, gelosamente nascosto in un baule. Una pelle d’uomo, tramandata di generazione in generazione, che Bianca potrà indossare per penetrare nel mondo maschile e conoscere Giovanni, il suo promesso sposo. All’improvviso tutto deve cambiare: i vestiti da indossare, via gonna e bustino, ecco i pantaloni; le spalle basse, l’andatura virile, la voce non troppo acuta.

Bianca diventa così Lorenzo, e Lorenzo conoscerà Giovanni. Insieme si trastullano nel mondo sotterraneo e proibito del Gatto Strabico, un locale animato da artiste, come La Peccorina – di giorno Il Peccorrino – e altrə personaggə sommersə e schiacciatə dall’Inquisizione della città. Angelo, il fratello di Bianca, ne è l’esponente principale: prete fanatico e misogino, ossessionato dalle fiamme del peccato, alla perenne ricerca di un’Eva perduta e in marcia contro Lilith.

Tra una bevuta e la prima rissa della nostra eroina, arriva anche il primo bacio tra Lorenzo e Giovanni, e la scoperta da parte di Bianca dell’omosessualità del suo futuro sposo, di cui adesso però è anche innamorata.

La sequenza di eventi e smascheramenti a cui si apre da ora la trama, a una prima lettura, ci ricorda subito qualcosa che ci sembra di aver già visto o sentito, ma forse in modo meno esplicito o più sottile. Difficile non rivedere in Bianca alcuni dei migliori personaggi femminili shakespeariani. Nelle commedie di Shakespeare, Il Mercante di Venezia ne è un esempio, non è insolito incontrare giovani donne, ridotte a oggetti di proprietà dai loro padri e mariti, che rifiutano i limiti imposti da famiglia e società al genere femminile. Per poter accedere al potere che è loro precluso, o per penetrarne fisicamente i luoghi ed esercitarne le attività (per esempio tenere un’arringa giudiziaria) si calano nei panni di un uomo. L’aspetto interessante del crossdressing nell’opera del Bardo entra in gioco anche in Pelle d’Uomo e fornisce infatti un racconto inedito ma più verosimile delle donne del Rinascimento, oltre che di una pratica sociale più frequente di quanto ci venga spesso raccontato. Si tende a ignorare infatti la possibilità che la società rinascimentale possa aver effettivamente conosciuto delle forme di gender struggle (conflitto di genere) attraverso cui le donne non solo accedevano a mondi proibiti, in quanto solo maschili, ma vi esercitav

ano anche un potenziale trasgressivo.

Pelle d’Uomo innesca lo stesso tipo di conflitto, rendendo Bianca un soggetto attivo capace di minare il sistema sociale, sfiorando quasi l’utopia nella storia. Inoltre, pur nella sua temperatura fiabesca, il fumetto non annulla gli stereotipi di genere legati al contesto patriarcale. Anzi, li ripropone per svelarne il carattere performativo. Infatti, attraverso l’esibizione della presunta femminilità innata a cui Bianca/Lorenzo deve disabituarsi, il genere viene smascherato come costruzione culturale e performance quotidiana di atti ripetuti.

Non resta illeso nemmeno il sistema narrativo della fiaba, essendo la nostra eroina una protofemminista a cavallo che capovolge l’archetipo stereotipato della principessa, salvata dal principe, mite e passiva.

A disinnescarne l’impianto rigidamente binario ed eterosessuale entra in gioco anche Giovanni. All’inizio egli non sa definire la propria omosessualità, in assenza di un linguaggio che poss

a realizzare il mondo notturno, e quindi proibito, che abita. L’impossibilità di nominare qualunque tipo di orientamento non eterosessuale è un dato di fatto che la critica dei Queer Studies ha riscontrato, per esempio, proprio in diverse opere di Shakespeare. L’omosessualità latente dei personaggi principali, e un caso torna a essere Il Mercante di Venezia, può emergere solo attraverso strategie verbali mascherate, giri di parole per esprimere l’inesprimibile.

Come dichiarare quindi qualcosa che nessuno può né sa nominare, se non nello spazio dell’insulto o della sua intenzione? Nella versione francese del fumetto, su questo piano, spicca una certa varietà lessicale. 

Da “le mignon”, tradotto con “dolcezza”, in opposizione a “l’homme fait”, “un uomo”; “les tourteraux”, non tradotto, ma letteralmente “i piccioncini”; “les sodomites, les invertis”, cioè “sodomiti, invertiti”; “les bougres”, quest’ultimo tradotto con “maledetti”, ma in origine usato per indicare la sodomia e l’eresia.

La stessa unione matrimoniale e l’ideale della coppia, nucleo del lieto fine fiabesco, sono qui riproposti al di fuori dei canoni tradizionali e normativi. All’amore romantico eterosessuale (del matrimonio combinato) si sostituisce una relazione alternativa ma più vera: l’amicizia profonda che non prevede vincoli o gerarchie, ma l’autorealizzazione nel corpo e nel desiderio di entrambi. Il lieto fine potrebbe risultare inaspettato, dolceamaro, ma Pelle d’Uomo non è mica Cenerentola. Per fortuna sembra più una favola del XXI secolo.