Il ventiquattrenne Marcel Proust incontra per la prima volta Lucien Daudet, figlio del celebre scrittore Alphonse, nel 1895, ad uno dei “Giovedì” di casa Daudet, cui è stato introdotto dal suo allora amante Reynaldo Hahn.
Lucien, appena diciassettenne è già un dandy: è bello, colto e supponente, educatissimo ed elegantissimo. Allievo di Whistler, si diletta di pittura e di lì a poco intraprenderà anche la carriera, discontinua ma duratura, di scrittore. Il suo snobismo lo fa vivere nel culto di quell’icona gay ante litteram che fu l’imperatrice Eugenia e nel 1899 entrerà a far parte dell’entourage di questa esule di lusso tra lo Hampshire e Cap Martin.
Tra Proust e Lucien inizia ben presto un’intensa frequentazione che le poche lettere raccolte in “Mio piccolo caro – Lettere a Lucien Daudet” (Archinto 1994) e l’esaustiva introduzione che le accompagna, di Michel Bonduelle, medico e amico di Daudet, ricostruiscono in modo frammentario e suggestivo: Proust corteggia Lucien scrivendogli lettere ironiche ed affettuose, indirizzate dapprima al “Caro signore” che presto diventerà il “Mon cher petit” del titolo. Proust e Daudet condividono anche un senso dell’umorismo molto “camp”, basato sulle louchonneries, “cose che facevano storcere gli occhi” dal ridere, frasi assurde o di senso molto comune sul genere “Signora mia…” rintracciate nelle opere teatrali e nella vita quotidiana: “La conversazione con altre persone diventava quasi impossibile perché c’era sempre qualcuno che faceva dei bisticci di parole suscitando in noi il riso.”.
Nel 1919 Proust vince il premio Goncourt, acquista fama e si allontana progressivamente da Daudet: la loro relazione era durata solo diciotto mesi, la loro amicizia continuerà. Di Proust, incontrato a un ricevimento di fine anno nel 1921, pochi mesi prima della sua morte, Lucien scriverà: ”Il suo volto pallido era diventato gonfio; aveva messo su pancia. Parlava soltanto con i duchi.”.
pubblicato sul numero 0 della Falla – dicembre 2014
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