Esiste un dossier non autorizzato dal Vaticano che come obiettivo principale ha l’individuazione della frequenza di episodi di abuso sessuale ai danni di minori da parte di religiosə ordinatə. Il documento copre un arco temporale che va dal 1946 al 2014 e si basa sugli archivi di almeno 27 diocesi tedesche. Le informazioni sui casi identificati sono state selezionate da personale interno alle diocesi, anonimizzate e inviate al consorzio titolare della ricerca. Fatta eccezione per i dati provenienti da interviste, lo studio prende forma da fonti secondarie che in alcuni aspetti risultano lacunose: le conseguenze psichiche e fisiche degli abusi, ad esempio, non sono documentate, soprattutto per gli episodi più lontani nel tempo. 

Nonostante questi limiti, la ricerca, che ha coinvolto espertə in criminologia, psicologia, sociologia e psichiatria forense, si è dimostrata utile in particolar modo per quanto riguarda la discussione e l’interpretazione dei reperti. 

Gli autori dello studio tengono a precisare che, siccome i casi presi in esame sono solo quelli documentati con certezza, molto probabilmente il report sottovaluta la frequenza reale degli abusi.

In Italia abbiamo dovuto aspettare fino allo scorso novembre per un report indipendente – questa volta autorizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana – che analizzasse l’analoga situazione nel nostro Paese, ma in molti definiscono la quarantina di pagine che lo compongono faziose e incomplete

Il presidente della CEI, cardinale Matteo Maria Zuppi, finora aveva preferito optare per un auto-monitoraggio, ma oggi il Report Nazionale sulle Attività di Tutela nelle Diocesi italiane segnala un 78% di comportamenti e linguaggi inappropriati, ma anche che i contatti non richiesti superano il 24%, mentre le molestie sessuali e i rapporti veri e propri raggiungono il 34% dei casi e che gli abusanti sono religiosi per oltre il 66% e laici per il 34%. Il documento non chiarisce quali provvedimenti abbia messo in atto la Congregazione per la dottrina della fede a favore delle vittime. Il passo dedicato alle «collaborazione con associazioni esterne» non specifica chi saranno i soggetti coinvolti: Rete L’Abuso afferma di non saperne nulla, così come il Coordinamento Italy Church Too.

Il lavoro non sembra voler far luce sul tema degli abusi, ma solo esporre una panoramica sui Servizi Territoriali e i Centri di Ascolto Diocesani – soggetti costituiti a seguito delle linee guida per la tutela dei minori approvate dai vescovi italiani nel maggio 2019 – e si riferisce a un periodo di tempo molto breve, il biennio 2020/21, poiché si è scelto di prendere in considerazione solo i dati riportati dai questi due soggetti neonati. 

Nella relazione, quindi, non sono considerati tutti i casi denunciati alle associazioni per la tutela delle vittime, alla magistratura o direttamente alla Conferenza della dottrina della fede. Secondo Rete L’Abuso sono almeno 613 gli episodi negli ultimi vent’anni, episodi che persino Avvenire descrive «al centro di alcune domande spinose».

Sempre Rete L’Abuso sottolinea che nel documento è completamente assente ogni accenno di collaborazione con l’autorità giudiziaria e non si dedica nemmeno una riga a eventuali indennizzi o supporto alle vittime. Quando presente, il personale formato per aiutare è previsto solo per i religiosi coinvolti, i quali, mantenendo l’anonimato, possono rivolgersi a 23 strutture distribuite sul territorio e ricevere assistenza psichiatrica, psicologica, spirituale e anche legale. A loro tutela esiste persino la cosiddetta dichiarazione di non denuncia, un foglio in cui si attesta che le vittime sono state spronate a denunciare, ma hanno preferito non farlo. Questo documento non ha alcun valore vincolante ma in sede di processo – civile, penale e canonico – potrebbe essere utilizzato per minare la credibilità della vittima. 

Sulla base delle stime ufficiali, i centri e i punti d’ascolto hanno registrato in totale 86 segnalazioni (38 nel 2020 e 48 nel 2021) di vittime di abusi subiti nel presente o in passato, ma non ci è dato sapere in quale misura le prime e le seconde. Sappiamo che in poco più della metà dei casi a denunciare l’abuso è la vittima stessa e che, fra queste, il 54,7% è donna, ed è interessante notare che in molte occasioni i punti di ascolto sono stati contattati soltanto per richiedere informazioni e consulenze (35,6%) o per manifestare un sospetto (10,4%). 

Nel report è contemplata anche una piccola percentuale di «adulti vulnerabili» senza che si specifichi la causa della loro vulnerabilità, mentre non risultano segnalazioni per minori di 5 anni. La fascia d’età più colpita (37,1%) è quella tra i 15 e i 18 anni; fa rabbrividire che più del 13% dei casi abbia meno di 14 anni e che il 10.3% ne abbia fra 5 e 9.

Per approfondire:
valigiablu.it
glistatigenerali.com
true-news.it
chiesacattolica.it