In Italia sono circa 80.000 le persone con autismo, mentre altre 270.000 rientrano nello spettro autistico. Questi numeri possono sembrare elevati, ma non è in corso una pandemia di autismo.
Il recente rialzo dei numeri è da ricondurre all’aggiornamento dei criteri diagnostici, basato sulla migliore conoscenza del disturbo e su un ampliamento delle aree da tenere in considerazione. In Italia si stima che 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenti un disturbo dello spettro autistico con maggiore prevalenza maschile, in rapporto 4,4:1. La stima citata si focalizza, non a caso, sulla prima infanzia: purtroppo in Italia l’autismo è riconosciuto unicamente come disturbo dell’età evolutiva. Ma lo status di persona nello spettro autistico non si risolve col compimento della maggiore età. Si tratta di una condizione pervasiva di neurodiversità biologica.
Va tenuto in considerazione un altro fattore rilevante, cioè una maggiore diffusione di informazioni. In molti arrivano a riconoscersi nelle caratteristiche autonomamente, per poi cercare e ottenere una diagnosi ufficiale in età adulta.
Esistono centri e professionisti specializzati in diagnosi di persone maggiorenni, ma sono pochi, e il mancato riconoscimento della condizione durante lo sviluppo, verosimilmente, comporta l’attuazione di strategie di adattamento compensative più o meno funzionali.
Alcune di esse si definiscono masking e constano di comportamenti atti a celare le proprie peculiarità, per risultare il più normali possibile. Se portato allo stremo può sfociare nell’insorgere di comorbidità, complicando il quadro clinico dell’individuo.
Con ciò non voglio dire che fare diagnosi in soggetti adulti sia impossibile o inutile, solo più difficile e con benefici riscontrabili maggiormente a livello identitario e di conoscenza personale che non di supporto diretto, nel caso di assenza di comorbidità.
Per capire meglio come molti individui possano passare inosservati, è doveroso riportare la definizione del DSM-V: «il Disturbo dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder – Asd) è un disturbo del neurosviluppo a insorgenza precoce caratterizzato da difficoltà nell’interazione e comunicazione sociale e dalla presenza di interessi ristretti e comportamenti ripetitivi e stereotipati».
La diagnosi si basa, attualmente, su comportamenti direttamente osservabili, manifestazioni chiare e atipiche. Si tratta, inoltre, di una diagnosi dimensionale, uno spettro, in cui il metro è il livello di gravità e intensità dei sintomi.
In questo contesto vorrei porre l’attenzione sulla condizione femminile nello spettro, specificatamente all’estremità definita ad alto funzionamento, ex Asperger. Inquadrare, qui, i livelli di funzionamento, i relativi limiti e le controversie collegate rischierebbe di spostare il focus di questo articolo. In breve, farò riferimento a soggetti che hanno sviluppato il linguaggio verbale, senza disabilità intellettiva, con quoziente intellettivo nella norma o superiore.
Per anni si è creduto che l’autismo fosse una condiziona prettamente maschile. Secondo alcune recenti stime internazionali il rapporto medio maschi:femmine diagnosticati sarebbe pari a 3:1 .
Storicamente si tratta di una condizione studiata in maggioranza in individui socializzati come uomini. Questo potrebbe essere un fattore che spiegherebbe la minor rappresentanza femminile.
Essendo i fattori socio-culturali parte integrante nelle manifestazioni caratteriali di un individuo, e determinate caratteristiche caratterizzanti i due generi binari universalmente riconosciute come discriminanti, è facile comprendere come alcune osservazioni effettuate su individui socializzati come uomini non siano direttamente applicabili o coerenti con quanto qualificante il polo opposto.
Per esempio, alla casella presenza di «interessi ristretti e comportamenti ripetitivi e stereotipati»: se un bambino dovesse sviluppare la tendenza al collezionismo di oggettistica e/o informazioni relative a trenini, mezzi di locomozione, computer e informatica (come vuole lo stereotipo) e contemporaneamente disinteresse nei confronti dei coetanei e delle attività che più frequentemente svolgono, come sport, o altre attività di gruppo, sarebbe più probabile che determinati comportamenti siano notati come atipici, e quindi si giunga a una diagnosi precoce e tempestivo intervento.
Di contro, se una bambina dovesse sviluppare la tendenza al collezionismo di oggettistica e/o informazioni relative a bambole, flora e fauna o capi d’abbigliamento e contemporaneamente disinteresse nei confronti dei coetanei e delle attività che più frequentemente svolgono, come sport, o altre attività di gruppo, il focus sarebbe posto sulle caratteristiche caratteriali.
Non sarebbe uno shock per nessuno se questa bambina fosse etichettata come timida, introversa, tranquilla, remissiva, una a cui piace stare per i fatti suoi.
Questa bambina difficilmente riceverà una diagnosi precoce. Imparerà, invece, a nascondere le sue caratteristiche atipiche e uniformarsi, imitando i comportamenti dei pari o dei personaggi di finzione. Osserverà quali comportamenti sono più frequenti in quali scenari e li attuerà come un automa. A seconda di quanta intelligenza emotiva abbia, comprenderà più o meno la situazione. (Tendenzialmente il valore di intelligenza emotiva riscontrato nei test è più elevato per le donne, rendendole più socialmente intelligenti ed empatiche, fattore conforme all’aspettativa sociale).
Ciò che la porterà alla diagnosi, verosimilmente in età adulta, molto probabilmente dopo alcune diagnosi incorrette o parziali, sarà il non riuscire più a tenere in aria il castello della recita sociale, a mascherare le difficoltà e le lacune, agire celando la propria neurodiversità.
È bene tenere a mente che sì, la rappresentazione femminile nello spettro è stata negata e trascurata per la mancata manifestazione di tratti studiati in individui socializzati uomini, e che il fenotipo femminile è ancora in fase di osservazione e studio.
È comunque possibile che esistano individui socializzati donne con scarsa empatia a cui piacciono i trenini.
Si tratta, appunto, di uno spettro.
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