di Irene Pasini
Cosa accadrebbe, ad esempio, se di colpo, magicamente, gli uomini avessero le mestruazioni e le donne no?* La risposta è chiara: le mestruazioni diventerebbero un invidiabile evento mascolino di cui vantarsi.
Gli uomini le sparerebbero grosse su durata e quantità. La prima mestruazione sarebbe festeggiata da rituali religiosi e feste tra amici.
L’Istituto nazionale per la Dismenorrea si occuperebbe di indagare eventuali sconforti mensili. I prodotti sanitari sarebbero forniti gratuitamente dal governo: ovviamente, alcuni uomini pagherebbero per il prestigio fornito da marche celebri quali i “Tamponi John Wayne” o i “Pannolini Muhammad Ali” e ci sarebbero prodotti specifici del tipo “Per il flusso leggero da scapoli”.
I media non la finirebbero più di trattare il soggetto: “Gli squali, una minaccia agli uomini mestruanti”, “Stupratore assolto: è stato lo stress mensile”, e così il cinema: pensatevi Newman e Redford in “Fratelli di sangue”.
Gli uomini convincerebbero le donne che il sesso è più piacevole “in quel periodo del mese”. Alle lesbiche si direbbe che temono il sangue, e perciò probabilmente la vita stessa, e che tutto quello di cui hanno bisogno è un buon uomo con delle belle mestruazioni.”
Nel suo saggio degli anni settanta If men could menstruate Gloria Steinem mostrava il divario profondo tra l’universo maschile e quello femminile con un semplice quesito iniziale: “Cosa accadrebbe, per esempio, se di colpo, magicamente, gli uomini avessero le mestruazioni e le donne no?”
Pochi dubbi a riguardo: diventerebbe un fatto di cui vantarsi, da destra a sinistra tutti si litigherebbero le mestruazioni mascoline che naturalmente si trasformerebbero velocemente in uno strumento di potere.
Invece come sappiamo il ciclo mestruale è stato demonizzato a più livelli. Tra battute e prese di distanza la donna mestruata è sempre stata considerata strana, da evitare, irritabile, a volte perfino un soggetto pericoloso.
La parola “mestruazioni” mette addirittura a disagio, ci si inventa nomignoli buffi ed evocativi, come le nostre nonne che dicevano “è arrivato il marchese”, riferendosi alle vesti rosso fuoco che i marchesi indossavano come abito da cerimonia. Ci vergognavamo e ci vergogniamo ancora perché la società ci ha inculcato un’insana percezione di sporcizia e peccato legato a questo evento mensile.
Da tempo organizzazioni internazionali e non governative come Unicef, Unesco e Wash United stanno investendo risorse per sensibilizzare le popolazioni più povere e i governi al problema dell’igiene mestruale. Nel 2014 La Wash United, assieme ad altre 270 organizzazioni, ha istituito il Mestrual Hygiene Day che anche quest’anno si festeggerà il 28 maggio.
La discriminazione che le donne vivono in molte regioni dell’India e dell’Africa, ad esempio, le porta a vivere quel sangue come qualcosa di sporco, di “malato”; alcune arrivano persino a togliersi la vita per il timore di aver contratto una malattia mortale.
In Iran il 42% delle giovani pensa che le mestruazioni siano una malattia, in altre parti del mondo come Afghanistan, Giappone o Nepal, alle donne è vietato condurre attività normali come lavarsi o dormire assieme alla famiglia durante il periodo mestruale.
Sono milioni le donne che usano stracci sporchi, foglie o altri materiali non igienici per tamponare le perdite mensili. Pratiche dovute alla mancanza di assorbenti a volte inaccessibili sia per logicistica che per la spesa che comportano.
In molti dei campi profughi, degli slum o delle zone rurali dei paesi meno sviluppati, per poter tamponare il simbolo del peccato e della colpa, molte donne possono usare soltanto una manciata di paglia, qualche pagina di giornale, alcune foglie, la segatura, della sabbia, persino la cenere o addirittura il fango. Molte di loro sono condannate a infezioni che, a lungo termine se non curate, così come usualmente accade, sono motivo di sterilità.
La battaglia culturale che discrimina il corpo delle donne si combatte su diversi livelli: se in diversi paesi in via di sviluppo il ciclo mestruale è causa di abbandono scolastico, discriminazioni e problemi anche per la salute, in Europa e in America si discute sulla tassazione degli articoli sanitari femminili considerati dal governo come bene di lusso.
Mentre quindi in alcuni paesi meno sviluppati le mestruazioni vengono di fatto negate, assieme al disagio e ai problemi di salute, nella cultura occidentale l’assorbente si nasconde in fondo alla borsetta, come un grande segreto sporco e vergognoso.
L’assorbente, il tampax o la coppetta vaginale, introvabili nelle aree sopracitate, sono considerate dall’Occidente sviluppato e attento alle discriminazioni e al welfare di ogni cittadino, un bene di lusso.
Una donna italiana, infatti, spende ogni mese circa 7 euro di assorbenti. Su ogni confezione, infatti, viene pagata l’iva del 22 per cento, contrariamente a quanto accade per beni ben più essenziali come il giornale della mattina.
Insomma, che molte donne abbiano il ciclo ogni mese poco importa all’Europa o agli Stati Uniti. Un dettaglio, come i crampi e le emicranie ad esso annessi.
Anche nei paesi ricchi e all’avanguardia, dunque, le donne sono lasciate sole, abbandonate, nell’imbarazzo socialmente accettato del ciclo.
E dunque oggi, 28 maggio 2017, siamo ancora qui, a ricordare la discriminazione che molte donne subiscono in paesi in cui il ciclo mestruale è vissuto come qualcosa di “sporco e malato” del quale non si può nemmeno parlare. Ma come possiamo aspirare a migliorare tali condizioni quando il tema è considerato un affare privato e vergognoso anche in paesi che vantano i migliori sistemi di welfare?
Se solo anche gli uomini avessero il ciclo…
*Leggi anche: Mestruazioni are for men
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