CHE FINE FARÀ IL DDL ZAN COL NUOVO GOVERNO?
Dall’annuncio della nascita del governo Draghi, buona parte della politica e (quasi) tutta la stampa generalista si sono affrettate a parlare di «governo dei migliori» e «ritorno delle competenze», facili entusiasmi subito smentiti nei fatti dalle nomine prima de* ministr* e ora de* sottosegretar*.
E questo pur tralasciando la pezza con cui Draghi ha cercato di rimediare alla scarsità di donne nel governo, e pur dimenticando la triste vicenda del Pd, che ora ha 5 sottosegretarie su 6 ma nessuna ministra. Scorrendo l’elenco dei nomi si prova infatti un’inquietante sensazione di déjà vu, stile Ricomincio da capo, il film cult in cui Bill Murray è costretto a rivivere sempre lo stesso giorno. Tra le/i 39 sottosegretar* ritroviamo infatti feroc* nemic* dei diritti delle persone LGBTQIAP+ come la leghista Lucia Borgonzoni, sottosegretaria al Ministero dei beni e le attività culturali, incarico che aveva già ricoperto dal 2018 al 2019 durante il governo giallo-verde. Del suo primo passaggio in quel dicastero ricordiamo quando ammise candidamente di non leggere libri da tre anni (chissà se nel frattempo ha riscoperto il piacere della lettura…) e il tentativo di revocare un contributo di 150.000 euro al film Gli anni amari sulla vita di Mario Mieli, perché, a suo dire, c’era il rischio che la pellicola ospitasse «contenuti che promuovano o incitino alla pedofilia». Ma i danni che può fare Borgonzoni alle nostre vite sono, tutto sommato limitati.
Il folklore che la leghista si porta dietro infatti scompare di fronte ad altre nomine. Per esempio quella di Francesco Paolo Sisto a sottosegretario alla Giustizia. Il Ministero è presieduto da Marta Cartabia, vicina a sua volta a Comunione e Liberazione, secondo la quale il matrimonio egualitario sarebbe solo un «falso diritto» e impedirlo non rappresenterebbe una discriminazione. Durante il dibattito alla Camera, il deputato di Forza Italia aveva bollato la legge contro l’omolesbobitransfobia, la misoginia e l’abilismo come «incostituzionale» in quanto «non punisce i fatti ma i pensieri», dando fondo a tutta quella retorica ideologica, che purtroppo conosciamo bene, intrisa di fake news e volta a derubricare la violenza a semplice opinione. L’accoppiata Cartabia/Sisto suona come l’ennesimo ostacolo posto sul già difficile iter di approvazione definitiva al Senato del Ddl Zan, di cui al momento si sono perse le tracce: non sappiamo se e quando verrà calendarizzato – la Commissione Giustizia del Senato è presieduta dal leghista Andrea Ostellari – e la confermata Ministra alle Pari Opportunità Elena Bonetti di Italia Viva continua a non proferire parola sul tema.
Tutti pessimi segnali che fanno pensare al peggio: il timore è che ancora una volta i nostri diritti vengano sacrificati in nome di un bieco accordo politico tra partiti che hanno visioni del mondo e della società diametralmente opposte. Le nostre vite e i fatti di cronaca, come la recente brutale aggressione avvenuta a Monrupino, comune del Friuli-Venezia Giulia, testimoniano quotidianamente tutta l’urgenza di una legge di cui si discute da troppi anni, quasi 30, senza mai arrivare a un’approvazione. Toccherà a noi, come movimento, ricordare con determinazione a chi siede nei palazzi del potere che non possiamo più attendere oltre.
Immagine in evidenza da liberopensiero.eu, nel testo da agenpress.it
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