Il 21 e 22 aprile 2023 l’Università di Macerata ha ospitato il convegno Maternità in-attesa. Preservare la salute della donna in gravidanza, organizzato dalla onlus Pro Vita & Famiglia, con il patrocinio della Regione Marche, del Ministero della Salute, dell’Ordine dei medici e di quello degli infermieri. L’incontro, che coinvolge relatori provenienti da ambienti ultracattolici, offre crediti formativi professionali per chi lavora negli ospedali. Appena un mese prima, il 25 marzo, un convegno del Centro di Aiuto alla Vita di Firenze sulla bioetica e sull’obiezione di coscienza offriva allo stesso modo crediti professionali ai partecipanti. Tra i partner, il Movimento per la Vita. Queste organizzazioni, se da un lato alimentano lo stigma verso le persone che ricorrono a una Ivg (interruzione volontaria di gravidanza), dall’altro conservano il loro potere nell’ambito formativo organizzando seminari che ricalcano la logica per cui, se vuoi fare carriera, devi essere per forza obiettore o obiettrice di coscienza. Sono le stesse persone che considerano l’aborto un omicidio, che organizzano presìdi davanti agli ospedali per urlare «assassine» alle donne che vogliono interrompere la loro gravidanza, che allestiscono cimiteri per feti con il nome della cosidetta madre.
Macerata e Firenze non sono che le date più recenti di una lunga serie di infiltrazioni del movimento Prolife nell’università italiana. Nel 2014 all’Università di Torino, in un’aula dell’Ospedale Sant’Anna, FederVita Piemonte organizzava il convegno L’inizio della vita, luci e ombre. A questo primo evento seguono iniziative analoghe nel 2016 a Bologna, nel 2019 all’Università Statale di Milano e a Pavia, nel 2020 a Firenze e nel 2022 di nuovo all’Università di Pavia, dove si è tenuto il convegno L’interruzione di gravidanza nella relazione 2021 al Parlamento, promosso dal movimento antiabortista FederVita Lombardia insieme all’Unione Giuristi Cattolici e al Centro Aiuto Vita di Pavia e accreditato per la formazione continua di avvocatə e del personale medico-sanitario. Alle iniziative ufficiali si affiancano inoltre azioni più informali come i banchetti informativi, organizzate nel 2016 e nel 2018 all’Università La Sapienza di Roma dal gruppo Universitari per la vita, che distribuivano modellini di feti alla dodicesima settimana di gestazione, come denunciato da Non Una di Meno.
Nulla di sorprendente poiché già nel 2012 Pro Vita esprimeva sul suo blog Notizie pro-life l’intenzione di entrare e immettersi nel tessuto educativo e formativo. Da anni i gruppi antiabortisti costruiscono delle costole ad hoc con precisi ambiti di azione: si pensi, ad esempio, ai Giuristi per la vita, organizzazione che «vuole essere una task force operativa, costituita da un gruppo affiatato e risoluto di avvocati, filosofi del diritto, docenti, studenti, capace di diventare un utile strumento nella lotta in difesa della vita», come possiamo leggere direttamente dalle loro dichiarazioni.
Dal 2016 operano nelle facoltà anche gli Universitari per la Vita, un gruppo di studenti ed ex studenti che si dichiarano contro aborto ed eutanasia e organizzano iniziative di vario genere.
Nella strategia politica delle varie ramificazioni del movimento pro-life è evidente il legame con i cugini statunitensi. La fondatrice di Universitari per la Vita dichiara in un’intervista di essere stata alla March for Life a Washington e alla conferenza degli Students for Life, il principale gruppo giovanile pro-life degli Stati Uniti. L’esperienza degli Students for Life nasce nel 1977 a seguito della sentenza Roe v. Wade, e l’obiettivo del gruppo, come recentemente affermato dal suo presidente in un’intervista, è «lavorare per ribaltare l’aborto legale in ogni stato con un esercito addestrato di 150.000 giovani», descritti come la «generazione post-Roe».
Le alleanze transnazionali nel movimento pro-life sono risultate particolarmente evidenti nel World Congress of Families di Verona nel 2019, a cui hanno partecipato gruppi ed esponenti politici della destra radicale e ultrareligiosa di diversi Paesi, compresa ovviamente l’Italia, e che ha visto tra gli organizzatori gli statunitensi Brian Brown, legato a Donald Trump, e Alan Carlson, fondatore del Centro per la famiglia, religione e società, ideatore del Congresso mondiale delle famiglie ed ex funzionario dell’amministrazione Reagan.
Analizzando la situazione italiana, si può osservare un’intensificazione dell’attivismo pro-life negli ultimi anni, rafforzato dal clima favorevole del Congresso veronese del 2019. Ma qual è il modello formativo nelle nostre università? I gruppi antiabortisti costruiscono delle task force di avvocatə, filosofə del diritto, docenti, studenti, in altre parole professionistə, figure che partecipano alla società in qualità di espertə. Gli Universitari per la Vita pubblicano articoli pseudoscientifici e offrono bibliografie per la Vita, richiamando a una istituzionalità argomentativa e contenutistica. Questi articoli li troviamo sul loro sito e tra i nomi citati scoviamo anche membri dei Giuristi per la Vita e altri attori coinvolti nel mondo universitario e istituzionale.
L’Università, che dovrebbe configurarsi come un luogo di libera formazione professionale ma anche personale, svela così la sua natura più gerarchica e una volontà fortemente normativa. Figure che ricoprono posizioni di potere e dovrebbero avere un ruolo pedagogico neutro, si dimostrano del tutto parziali nel proporre solo alcune posizioni come lecite e auspicabili. La prova della connivenza delle università con queste organizzazioni è il comportamento tenuto dal rettore Francesco Svelto dell’Università di Pavia in occasione del convegno antiabortista tenutosi nel 2022. Il nodo Non Una di Meno di Pavia aveva raccontato a l’Espresso come, nonostante un appello inviato al rettore chiedendogli di «assumersi la responsabilità politica di una scelta che privilegia visioni retrograde e conservatrici», il convegno si sia svolto ugualmente. Ciliegina sulla torta, l’aula è stata affittata previo pagamento.
Contro il dilagare di posizioni che ci negano la libertà di scelta e autodeterminazione sui nostri corpi, lottiamo ogni giorno. Obiezione Respinta è un progetto transfemminista di mappatura dell’obiezione di coscienza in Italia. Sulla base di testimonianze anonime, abbiamo creato una mappa al link https://obiezionerespinta.info/ che riporta esperienze di accesso a Ivg e contraccezione. Facciamo rete per supportare le persone che hanno difficoltà ad accedere ai servizi di salute riproduttiva. Crediamo nella formazione e nell’informazione per decostruire lo stigma su aborto e salute riproduttiva.
Perseguitaci