DEI PERCHÈ E DEI PERCOME NON È VERO CHE DI BIBBIANO NON SI PARLA. E PERCHÈ PRENDERSELA CON GLI OMOSESSUALI È UN GIOCO PERICOLOSO
di Irene Moretti
Tutto quello che pensate che non vi dicano sulla brutta vicenda di Bibbiano è falso. Ed è falso semplicemente perché non è vero che nessuno dice niente. Da quando, a fine giugno, è stata resa pubblica parte dell’inchiesta denominata Angeli e Demoni in merito a un sistema criminoso riguardante affidi di minori che potete rileggere qui, si è messa in moto una macchina – del fango, di propaganda, caccia alla streghe, chiamatela come vi pare, la sostanza non cambia – che sembra ormai inarrestabile. Una bomba a orologeria che, come dimostrano le cronache di questi giorni, ormai sembra prossima a deflagrare, ma che è ancora possibile disinnescare. Punto per punto. (Corto)Circuito dopo (corto)circuito.
Capitolo I: «Parlateci di Bibbiano»
Parafrasando una frase di fantozziana memoria, dire che di Bibbiano non si parla è una cagata pazzesca. Vii spiego perché può affermarlo solo un analfabeta funzionale. O una persona che non abbia mai aperto un quotidiano, online o cartaceo, nell’ultimo mese. Oppure Nek e Laura Pausini. Per confutare questa orrenda teoria secondo la quale i media non si stanno occupando dell’inchiesta di Bibbiano bastano circa 30 secondi: il tempo di digitare la parola “Bibbiano” nella barra di ricerca di Google e di premere invia. I risultati, filtrati da Google news – e quindi relativi quasi esclusivamente alle testate giornalistiche che collaborano con Mountain View – sono oltre 1.200.000. Un milione e duecentomila risultati. Potete scremare aggiungendo un arco temporale a piacimento, il risultato non cambia: secondo Google – che potete usare per fare fact checking, ogni tanto – il numero di articoli viaggia sulle decine di migliaia.
Se ancora non siete convinti, c’è un altro modo per verificare che di Bibbiano si parla eccome: ii motori di ricerca interni ai principali portali di informazione italiana. Gli archivi sono una cosa bellissima e non solo per chi vuole giocare a fare Indiana Jones. Ecco i risultati della ricerca per parola chiave “Bibbiano”: La Repubblica 78 articoli; Il Corriere della Sera 35; La Stampa 22; Libero 61; La verità >30; Il Fatto Quotidiano >30.
A fare questa ricerca, con gli screen che vedete in foto, ho impiegato una manciata di minuti. Ed è una ricerca molto approssimativa, che chiunque con uno smartphone, ma senza prosciutto sugli occhi, può fare in pochi secondi.
Nessun complotto, Filippo e Laura. Resta in ascolto, Laura. Almeno stavolta, Filippo.
Capitolo II: Perché la stampa parla (o dovrebbe) parlare di Bibbiano con i piedi di piombo
Perché non spetta alla stampa istruire un processo. Il fatto che i giornalisti debbano essere i «cani da guardia del potere» significa che possono e devono indagare, ma seguendo etica e deontologia professionale e soprattutto non sostituendosi a magistrati e giudici. I giornalisti e le giornaliste non possono essere giudici e boia. Un brocardo recita: in dubio pro reo e la nostra Costituzione riconosce il principio della presunzione di innocenza (art. 27, potete leggerlo qua) secondo il quale nessuna persona può essere considerata veramente colpevole fino a sentenza definitiva. A Bibbiano il processo non è nemmeno iniziato e se ne siamo venuti a conoscenza è perché la magistratura inquirente – ovvero quella che ha il compito di investigare sulle notizie di reato affinché si possa formulare un capo d’accusa – ha reso pubbliche le indagini chiedendo dei provvedimenti cautelari nei confronti di alcune persone indagate. Indagate e non imputate. Allo stato dell’arte, infatti, alla sbarra ancora non c’è nessuno e, se misure cautelari sono state emesse, non è indice di provata colpevolezza. Un giornalista non è un blogger. Scrive notizie, non opinioni. Le notizie devono sempre rispettare delle regole: una di queste è la verità sostanziale dei fatti, perché «una mezza verità non è verità, ma una notizia falsa». Garantismo vs giustizialismo. Cassazione docet. Lo impone anche la deontologia professionale.
A proposito di deontologia, potete leggere il testo della Carta di Treviso. Per i non addetti ai lavori: la Carta – integrata con un vademecum nel 1995 e allegata integralmente nel Testo Unico dei doveri del giornalista del 2016 – è un protocollo firmato da Ordine dei Giornalisti, Fnsi – Federazione Nazionale Stampa Italiana – e importanti realtà quali Telefono Azzurro. La Carta disciplina in maniera ferrea come la stampa debba comportarsi in casi di cronaca riguardanti minori; il casus belli che ne portò alla stesura potete leggerlo qui: per combinazione riguardava proprio un caso di adozioni.
Ancora una volta: nessun complotto. Solo giornalisti che si comportano da giornalisti. Per fortuna, aggiungo.
Capitolo III: Propaganda e sciacalli
«Siete quelli di Bibbiano», ha tuonato il ministro del lavoro Luigi Di Maio riferendosi al Partito Democratico. Pd come “Parlateci Di Bibbiano” tuona invece Forza Nuova. O forse Casa Pound. Non importa, ormai il sasso è stato lanciato e le onde si stanno propagando in quello stagno pieno di merda che sono diventati i social. Il Partito Democratico è diventato uno dei due grandi capri espiatori dell’intera vicenda per il coinvolgimento del sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, nell’inchiesta. E poco importa se il coinvolgimento di Carletti non abbia nulla a che fare con i minori tolti alle famiglie: il mostro è servito su un piatto d’argento. «Siete il partito di Bibbiano», dice Di Maio che, per fortuna, non è Ministro della giustizia: sarebbe stato grave, altrimenti, non sapere che Carletti è sì indagato, ma per concorso in abuso di ufficio, poiché potrebbe aver «omesso di effettuare una procedura a evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di psicoterapia che aveva un importo superiore a 40mila euro», procurando intenzionalmente «un ingiusto vantaggio patrimoniale al centro studi Hansel e Gretel». L’unico affidamento con il quali Carletti ha qualcosa a che fare è quello dei locali. La magistratura – ripetete con me: inquirente e non giudicante – l’ha detto chiaramente: a Carletti viene contestato di «aver violato le norme sull’affidamento dei locali dove si svolgevano le sedute terapeutiche, ma non è coinvolto nei crimini contro i minori». Non che il Guardasigilli a targa M5S sia rincuorante. In ogni caso, chi è senza peccato scagli la prima pietra: per vedere se il Movimento è coinvolto leggete qui, e non è nemmeno una fonte troppo amica dei Dem. Sempre perché non se ne parla.
Quindi non è il Partito Democratico a essere «il partito di Bibbiano», ma è un iscritto al Pd, il sindaco Andrea Carletti, ad essere indagato – indagato! – nell’inchiesta di Bibbiano, anche se in un filone che non riguarda l’affido dei minori.
Nel Movimento 5 Stelle scalpita anche Alessandro Di Battista che, con un post sulla sua pagina Facebook, ha annunciato non solo la sua collaborazione con Fazi Editore come curatore, ma anche la pubblicazione di un instant book per raccontare la «verità su Bibbiano»: «In tal senso vi annuncio che presto (vi terrò aggiornati) uscirà un libro sullo scandalo di Bibbiano e sarà il primo libro frutto della mia collaborazione con Fazi. Ci è sembrato doveroso approfondire questo scandalo anche perché abbiamo registrato un silenzio assordante da parte del 90% del sistema mediatico nazionale. Tuttavia il libro su l’inferno di Bibbiano sarà solo l’inizio. Vogliamo dare spazio a nuovi autori e a nuove idee». Se avete veilleità, sapete a chi scrivere.
I venti che arrivano da destra, invece, sono alla ricerca di un altro capro espiatorio.
Capitolo IV: «COSA STATE COPRENDO A REGGIO EMILIA, BRUTTE MERDE? TOGLIETE I FIGLI PER DARLI AI GAY! DIMMI DOVE SEI FROCIO BASTARDO CHE VENGO A TAGLIARTI LA GOLA! TI AMMAZZO FROCIO DI MERDA!»
Questo il contenuto della telefonata che Vincenzo Branà, presidente di Arcigay Bologna e direttore responsabile della Falla, ha ricevuto il due di luglio e che ha deciso di rendere nota qualche giorno fa. Vincenzo ha un doppio problema: è un giornalista – e quindi colluso perché non parla di Bibbiano – ed è frocio – quindi colluso perché a Bibbiano la lobby gay toglieva i bambini alle famiglie per darli ai loro amici.
Come nasce questa narrazione? Dall’indagine stessa. Agli arresti domiciliari è finita anche Federica Anghinolfi, dirigente dei servizi sociali dell’Unione Val D’Enza (Reggio Emilia), lesbica dichiarata, che sembrerebbe essere la responsabile della gestione del sistema di affido illecito dei minori. A peggiorare la situazione dei froci c’è l’affidamento di una bambina a una coppia lesbica unita civilmente dal 2018.
Ecco il peccato originale che sta scatenando un moto ondoso e malmostoso di odio nei confronti dell’intera comunità LGBT+. Sui social in primis: in hashtag come #giùlemanidaibambini o #facciamoreteaBibbiano su Twitter il tono dei messaggi è univoco: bambini strappati alle famiglie naturali per poter propagandare le teorie gender (che, in verità, esistono solo nella testa di chi ne parla). E giù insulti. Pretese di scuse da parte dell’intera comunità che diventa, come il Pd, la «comunità di Bibbiano». Poi qualcuno prende coraggio, come il vicepresidente del consiglio comunale di Vercelli Giuseppe Cannata che sul suo profilo social scrive: «E questi schifosi continuano imperterriti. ammazzateli tutti ste lesbiche, gay e pedofili» a commento a un articolo su Simone Pillon. Si scuserà dopo poche ore cancellando il post, ma la pezza è peggio del buco.
La comunità LGBT+ è colpevole e complice del «rubare bambini». La violenza non è più solo verbale, esce dai monitor e va oltre le tastiere: nell’arco di pochi giorni le aggressioni omofobe sono raddoppiate.
La caccia al frocio, il sillogismo secondo il quale «se tre persone omosessuali sono indagata nell’inchiesta di Bibbiano, allora tutte le persone omosessuali sono complici» ha assunto toni grotteschi in sede politica, tanto che Fratelli di Italia – compagine che a destra sembra essere la più scatenata sul caso – ha proposto il seguente emendamento alla proposta di legge contro l’omolesbotransfobia proposta dalla Regione Emilia-Romagna: «Sono comunque incompatibili con la presente legge orientamenti sessuali quali: la pedofilia, la necrofilia, la zoofilia».
Per magia la comunità LGBT+ diventa il capro espiatorio principale, persino più del Pd. Per comprendere quanto sia pericoloso voler per forza cercare un capro espiatorio ecco il consiglio per le letture estive: non solo il ciclo della Famiglia Malaussène di Daniel Pennac, soprattutto il saggio di René Girard sui capri espiatori nella storia. Non si sa mai che, per una volta, impareremo la lezione.
Insomma, non è che di Bibbiano non si parli. Il problema è che se ne parla male e nelle sedi sbagliate. Il problema è che si sta tessendo una narrazione tossica, fatta di sentiti dire, frasi fatte, slogan e demagogia. Il problema è che si sta chiedendo ai giornalisti e all’opinione pubblica di sostituirsi alla magistratura emettendo sentenze.
Non è vero che di Bibbiano non si parla. Di Bibbiano si parla eccome. Almeno per chi vuole ascoltare.
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