Noah è un artista e tatuatore trans che si è formato alla Scuola Comics a Torino. Se vi è piaciuto come è piaciuto a noi lo trovate su Instagram come noah.busolli.jpg  

Noah, ti va di raccontarci il percorso che ti ha portato a diventare un artista?

Ho sempre avuto questa passione. Mi è sempre piaciuto fare quello che poi è diventato il mio lavoro. Ho appena terminato i tre anni di illustrazione alla Scuola Comics qui a Torino. 

Nel frattempo, mentre frequentavo questi corsi, mi sono avvicinato anche al mondo del tatuaggio. Infatti, ora sto tatuando. 

Mi viene naturale fare tante cose insieme: mi piace cambiare, cercare sempre qualcosa di diverso.

Rispetto al tema della tua illustrazione: ci spieghi il significato che sta dietro a questa belva feroce?

Il significato dietro l’illustrazione è legato al fatto che, spesso, quando si parla di tematiche come la mancanza di diritti, si tende a moralizzare su come la persona che li richiede dovrebbe comportarsi: è il cosiddetto tone policing

Io credo che questo sia profondamente sbagliato. Si chiede a chi reclama diritti di comportarsi come un bravə bambinə, e secondo me è un errore. È come se ci fosse una retorica che impone di essere bravə, educatə, di aspettare il proprio turno, di non alzare la voce… Ma tutto questo finisce col dettare anche come ci si deve comportare nel contesto della lotta. 

C’è un sacrificio in questa narrazione che trovo ingiusto. Per questo, nell’illustrazione, ho scelto di rappresentare un animale che ringhia, perché sento che tuttə noi siamo stanchə di questa modalità. In quest’immagine, l’educazione lascia spazio alla ferocia.

Riesci a portare i temi della lotta queer anche dentro i tuoi tatuaggi?

Anche se in realtà ho iniziato davvero da poco, tatuare mi piace perchè c’è una forma di relazione molto diretta con ə cliente.
Ogni arte applicata ha una componente relazionale, ma forse nel tatuaggio questa componente la vedo in modo più evidente, proprio perché è qualcosa che letteralmente va sulla pelle di qualcuno. L’arte del tatuaggio è molto legata al corpo.
Per quanto riguarda l’inserimento di tematiche politiche o sociali… sto ancora iniziando, quindi non ci ho riflettuto fino in fondo. Però penso che questo tipo di contenuti filtri comunque, anche attraverso il modo in cui ci si relaziona.

Per me, ad esempio, non è la stessa cosa farmi tatuare da una persona queer o da una persona cis etero.
Ci sono differenze nei rapporti, nel modo in cui ci si approccia, nelle dinamiche.
Quindi, per rispondere alla tua domanda, direi di sì: se non nei tatuaggi in sé, sicuramente nella mia pratica i temi della lotta queer passano attraverso la volontà di creare uno spazio accogliente per altre persone LGBTQIA+. 

Possiamo quindi dire che più le persone queer abitano gli spazi, più gli spazi diventano queer a loro volta?

Sì, sì, assolutamente.
Poi è vero anche che non è detto che diventino automaticamente spazi safe, però penso che le persone queer a volte abbiano un livello in più di consapevolezza — sul corpo, sul contatto, sull’intimità.

Infatti, le persone che sto tatuando finora sono tutte persone trans.
Non penso di fare tatuaggi “a tematica queer” o “a tematica trans”, perché i miei sono disegni. Però, di fatto, ho tatuato quasi esclusivamente persone queer.

Quando abbiamo visto il lupo, ci è venuto subito in mente Cappuccetto Rosso — forse perché il nostro immaginario ci porta lì.
Quindi ti chiedo: tu ti senti più un lupo feroce o un astuto Cappuccetto Rosso?

Mi sento un Cappuccetto Rosso un po’ tonto, in realtà. Non sono affatto feroce… al massimo, un po’ irritabile!