Greta Bonfiglioli, bolognese classe 1995, si occupa di illustrazioni e collabora con La Falla, per la quale ha realizzato alcune delle ultime quarte di copertina. È appassionata di disegno e sfrutta ogni superficie per esprimersi: ci racconta che da piccola rubava i tovaglioli dei ristoranti per disegnare. Ha studiato illustrazione e fumetto all’Accademia di Bologna e si è specializzata nella magistrale di Illustrazione per l’editoria. I suoi progetti sono legati al mondo dei libri illustrati.

Il tema di questo poster è l’attività sportiva praticata da persone disabili, argomento le cui narrazioni sono spesso problematiche. Come hai vissuto l’incarico?

Il tema è molto delicato, ma mi piacciono le sfide e lavorare su temi per i quali devo mettermi in discussione. Una rappresentazione veicola un messaggio e questo comporta della responsabilità. Non si trasmette solo ciò che si vuole condividere, spesso ci portiamo dietro stereotipi che potrebbero emergere nel risultato. Non essendo portatrice di disabilità mi sono interrogata su come reinterpretare una comunità di cui non faccio parte senza scivolare in luoghi comuni.

La scena richiama il mondo antico. Perché?

Sono una grande appassionata del mondo classico, la mitologia è la mia zona di comfort e volevo problematizzarla. Greci e romani avevano una concezione estetica legata alla conformità dei corpi, erano guidati dal concetto di kalòs kai agathòs, idea secondo la quale quello che è bello, canonico, è anche buono. Ho cercato di riscrivere questa filosofia. Vivo con le Metamorfosi di Ovidio sul comodino, sono il mio rifugio. Ho cercato di riformulare l’estetica classica depurandola dall’ossessione per la conformità.

Come hai costruito la struttura del poster?

Volevo realizzare una scena corale, con elementi sconnessi che si intrecciano. Si parla di sport quindi centrale è il movimento, anche se non volevo fotografare il momento della gara, ma una scena di confine. L’ambientazione è classicheggiante, ma l’immagine è attuale. Vediamo atletә che non sono dentro la competizione, si stanno allenando in un’atmosfera giocosa. Ho curato i dettagli, le figure che interagiscono hanno ciascuna le sue peculiarità, è una comunità variegata, con disabilità più o meno visibili e ho cercato di renderle nel modo più naturale.

Ti piace giocare con le superfici. Quali sono le tue tecniche?

Qua ho usato carta marcata e matita nera molto pastosa. Sfrutto tecniche varie, ma ho un’ossessione per il controllo che ho cercato di stemperare con l’uso della monotipia: lavorando con spazi di colore imprevedibili, mi ha aiutato ad affrontare la confusione. Sperimentare questa tecnica mi ha influenzata molto. Lavoro su texture, carte marcate, tessuti ruvidi. Di solito sviluppo in bianco e nero e i colori arrivano dopo. Problematizzare attraverso questo tema un ambiente a me caro come il mondo antico e riscriverlo è stato un altro modo per uscire dalla mia safe zone, in un certo senso uno sforzo concettuale simile alla monotipia.