A un certo punto i corpi, i piaceri, gli orgasmi, i godimenti dell’erotismo, sono spariti dal discorso pubblico. C’è stato un tempo, dalla prima metà degli anni Settanta alla metà degli Ottanta, in cui il corpo ha parlato. Le donne femministe misero in discussione la qualità della sessualità col maschio: “Col dito, col dito, orgasmo garantito”, “Il corpo è mio e lo gestisco io”. La clitoride assunse sostanza e funzione.
Venne affermato il diritto di sottrarsi al dovere riproduttivo e quello di provare piacere, di godere del e nel sesso. L’onda liberatoria si propagò dando vigore e contenuti all’allora nascente movimento LGBT+ italiano.
Oggi sarebbe impensabile in un incontro pubblico descrivere l’emozione che si prova nel sentire il cazzo che entra nel culo, il brivido che percorre la schiena mentre si viene scopati fino a produrre una calda vibrazione di piacere. Lo fece nei primi anni Ottanta Lola Puñales, Nostra Signora Fondatrice, in un incontro con giovani comunisti prima imbarazzati, poi allegri e rilassati nella gioia disinibita che Samuel sapeva trasmettere.
Il prenderlo in culo da accezione negativa si trasformava in piacere, incontro, reciprocità, incanto. Che potente alchimia! Alta politica. Oggi il discorso pubblico dei movimenti LGBT+, quando non è astruso birignao accademico o sudditanza alle categorie della politica istituzionale, è sostanzialmente discorso sui diritti. Rivendicazione senza affermazione. Indiscutibilmente necessaria. Ma senza più corpo e piacere.
pubblicato sul numero 33 della Falla – marzo 2018
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