Da più di un decennio, la Turchia è soggetta a persistenti limitazioni delle libertà civili: dall’aborto al diritto di associazione, dalla libertà di stampa a quella di parola. In un tale contesto, cosa è accaduto all’attivismo LGBTI+? Lo abbiamo chiesto a Hasan Metehan Ozkan, coordinatore di LISTAG, Associazione delle Famiglie e Amici di Persone LGBTI+ in Turchia.
Metehan, quando hai realizzato che la vita delle associazioni LGBTI+ in Turchia sarebbe cambiata drasticamente?
Non c’è stato un momento specifico: da tempo l’ostilità verso la comunità LGBTI+ e la retorica anti-gender promossa dal governo avevano iniziato a crescere. Ora però siamo alla deriva ed è il caso di tutte le realtà di opposizione, visto l’atteggiamento del governo verso ogni voce dissidente. Per comprenderne l’inizio, basti ricordare le proteste di Taksim e Gezi Park del 2013 considerandone le dinamiche sociali: è fondamentale per capire come il paese sia cambiato.
A partire da quando l’associazionismo LGBTI+ è stato così fortemente ostacolato, e con quale accusa?
Di recente, la chiusura delle associazioni LGBTI+ fu proposta da un partito di estrema destra, che guadagnò supporto e alleanza elettorale col presidente Erdoğan promettendo di farne emendamento costituzionale.
Il divieto di svolgere eventi a carattere LGBTI+, invece, è in atto in Turchia dal 2015: manifestazioni come il Pride già da allora incontrano violente repressioni da parte delle forze dell’ordine con azioni dirette sui partecipanti, e i divieti si estendono a tutte le iniziative a tematica LGBTI+: proiezioni di film, conferenze, mostre, incontri e dibattiti.
Quali altre categorie hanno subito ciò?
Come appena visto, il governo può vietare le associazioni che non approva, e ciò è accaduto per molte di quelle a sostegno di categorie vulnerabili di oppressione e abusi, ad esempio donne e bambini. Il governo nomina inoltre i propri amministratori nei comuni, nelle imprese e nelle istituzioni, il che pone una seria minaccia ai processi democratici e alle libertà civili.
Che cosa è accaduto da allora, e in che modo le associazioni LGBTI+ hanno fatto fronte agli eventi?
Incontrando continui ostacoli e dovendosi muovere in un ambiente ostile e di retorica anti-LGBTQI+, le associazioni hanno visto sempre più gravemente impedite le possibilità di dare effettivo supporto alla comunità. Ma con resilienza e determinazione hanno adeguato le proprie strategie, focalizzandosi sulle piattaforme digitali, sui social media, e sui network internazionali per sensibilizzare alle questioni LGBTQI+ e mantenere vivo l’attivismo. Le restrizioni legali e le discriminazioni sociali continuano tuttavia a incidere sul nostro lavoro.
Come ha reagito la società nel suo insieme?
Le risposte sono state estremamente varie ed evidenziano la complessità sociale che stiamo vivendo: c’è un ampio spettro che parte da chi è pienamente favorevole alle restrizioni e arriva a chi le ritiene una violazione dei diritti umani. Allo stesso tempo, la solidarietà da parte di chi era già sensibile ai diritti LGBTQI+ si è rafforzata.
Cos’altro è cambiato da allora nella vita quotidiana di LİSTAG?
Essendo la nostra associazione formata da genitori e familiari di ragazzi LGBTQI+, l’impatto sulle vite quotidiane è stato significativo e ha creato numerose difficoltà. Non solo i ragazzi, ma anche i familiari si sono dovuti rendere più cauti nel discutere apertamente le proprie esperienze. Essendo stati limitati gli eventi e gli incontri che offrivano un punto di riferimento e supporto essenziale, incontrarsi per condividere esperienze si è fatto più ostico. Non solo: la conseguente riduzione di visibilità ha a sua volta diminuito la consapevolezza sociale nei confronti delle difficoltà esistenti.
Infine, l’ostacolo alle attività educative e di sensibilizzazione ha ridotto la possibilità di portare risorse e supporto alle famiglie. Malgrado ciò, LISTAG continua a essere una risorsa vitale per loro: grazie alle piattaforme online e agli eventi privati offriamo uno spazio sicuro per condividere dubbi ed esperienze.
Quali sono, secondo te, le principali conseguenze a lungo termine di un tale vuoto di rappresentazione e supporto, uniti alla censura generale e sospensione dei diritti civili?
Credo che siano e saranno significative: la mancanza di visibilità, di accettazione e di comprensione alimentano il pregiudizio, aumentando così la marginalizzazione e l’isolamento dei singoli e delle famiglie.
In secondo luogo, l’assenza di risorse e supporto essenziale compromette il benessere mentale, emotivo e fisico, in particolare dei giovani. Ciò porta gravi ripercussioni sulla salute emotiva, un aumento esponenziale di depressione e ansia, episodi di autolesionismo e suicidio tra i giovani LGBTQI+.
In terzo luogo, la soppressione dei diritti civili e le restrizioni applicate all’attivismo ci impediscono di promuovere protezioni legali, eguali opportunità, e leggi anti-discriminazione, il che compromette la giustizia sociale e impedisce di condurre una vita piena e dignitosa.
L’erosione delle libertà civili e di espressione crea infatti una cultura fondata sulla paura, il che spinge all’autocensura anche all’interno della comunità LGBTQI+: soffoca il dialogo, impedisce di educare alla consapevolezza e di condividere vissuti personali, essenziali a creare empatia e comprensione.
Il pregiudizio e l’ignoranza nel lungo termine si autoalimentano e radicano le divisioni sociali, è essenziale promuovere invece educazione e consapevolezza, incentivando leggi inclusive e il ritorno ai diritti civili: solo questo può assicurare una società di cui tutti, al di là dell’orientamento sessuale e delle identità di genere, siano parte.
In seguito alle ultime elezioni, quali sono stati i primi segni di cambiamento per la comunità LGBTQI+?
C’è stato un cambiamento notevole nel panorama, ma il suo impatto non ha portato a cambiamenti positivi per i nostri diritti: malgrado le speranze, le restrizioni sono rimaste. Erdogan e la sua amministrazione hanno infatti mantenuto una posizione ostile, continuando, con ampio uso di retorica pubblica, a definire il nostro attivismo contrario ai valori della famiglia tradizionale e dell’identità nazionale. Ciò, assieme al persistere del veto posto sui Pride con ampio dispiego di polizia e potenziale violenza, mostra una riluttanza trincerata e resistente, malgrado i cambiamenti nell’arena politica.
Sebbene le elezioni abbiano portato attenzione a varie istanze sociali, gli iniziali segni di cambiamento non si sono dunque materializzati in miglioramenti: i diritti di espressione e riunione continuano a essere negati, il che sottolinea il bisogno di attivismo e supporto internazionale.
Quali altri elementi potrebbero migliorare nel futuro prossimo?
Oltre ai diritti LGBTQI+ in Turchia la libertà di espressione e di stampa sono sotto minaccia, cosa evidenziata da continue censure, arresti di giornalisti, e chiusura delle fonti di critica mediatica.
Anche l’indipendenza giudiziaria è compromessa, il che suscita preoccupazione riguardo alle interferenze politiche e all’equità dei processi. Le organizzazioni civili e i difensori dei diritti umani affrontano costanti restrizioni e aggressioni, e il loro operato va protetto. Lo stesso vale per le minoranze etniche e religiose, ancora marginalizzate e non riconosciute.
I diritti delle donne rappresentano un tema fondamentale: l’uguaglianza di genere è posta di fronte a sfide continue, tra cui quotidiana violenza e discriminazioni sul lavoro. Richiedono urgente attenzione anche le disparità di sviluppo economico e le questioni ambientali, tra cui inquinamento e impatto del cambiamento climatico. Le riforme politiche orientate alla trasparenza, alla responsabilità, e per un governo inclusivo, rimangono essenziali per rafforzare le basi democratiche della Turchia.
Alla luce della transizione politica in corso, quali sono le vostre speranze e preoccupazioni per il lungo termine?
La mia prospettiva rimane cautamente bilanciata tra speranze e preoccupazioni.
Da un lato c’è la speranza che un certo grado di riforme politiche e miglioramento dei processi democratici siano possibili: un cambiamento degli equilibri politici è spesso segnale di un’opportunità di dialogo sui diritti umani, inclusi quelli LGBTQI+, e di un potenziale slittamento verso politiche più inclusive. Tuttavia, le preoccupazioni sono sostanziali: dato l’attuale clima politico e le tendenze passate, il rischio di continue recidive autoritarie di erosione delle istituzioni democratiche è concreto. Le limitazioni delle libertà sociali, di espressione, e di stampa potrebbero anche peggiorare, dando adito a maggiori tensioni e contrasti.
Non solo: per i gruppi marginalizzati, incluse le minoranze etniche, le donne, e le persone LGBTIQI+, la situazione potrebbe non vedere cambiamenti significativi, con potenziale aumento dell’esclusione sociale.
Anche le sfide economiche e le questioni climatiche pongono nel lungo termine rischi significativi potenzialmente esacerbati dall’instabilità politica. In generale, nel rimanere cautamente ottimista riguardo a un potenziale cambiamento, le incertezze predominanti e le dinamiche storiche suggeriscono una strada difficile per la democrazia e i diritti umani in Turchia.
Che cosa vi hanno insegnato le difficoltà, e come hanno cambiato la vostra prospettiva sul lavoro e l’impegno all’interno della comunità LGBTI+?
Sicuramente ci hanno insegnato resilienza, solidarietà, e l’importanza di azioni collettive: abbiamo imparato a essere uniti e darci supporto, traendo forza dal condividere queste esperienze e determinazione a portare cambiamento. Lo stato delle cose ha rafforzato il nostro impegno nel promuovere uguaglianza e giustizia, non solo per noi stessi ma per l’intera comunità LGBTQI+.
Ci ha inoltre portati ad approfondire la comprensione di questioni sistemiche che perpetuano le discriminazioni, e dell’urgente bisogno di cambiamento sociale, di riforme, e di un’educazione collettiva all’accettazione e alla comprensione.
La nostra prospettiva è slittata verso un approccio più strategico, inclusivo e adattabile ai contesti: riconosciamo oggi il potere della narrazione, dell’educazione, delle campagne di sensibilizzazione nel mettere in discussione stereotipi e pregiudizi.
In buona sostanza, il nostro coinvolgimento all’interno della comunità LGBTQI+ si è rafforzato: siamo più dedicati che mai alla creazione di spazi sicuri, a portare supporto a coloro che ne necessitano, e ad amplificare le voci di chi è marginalizzato; continuiamo a promuovere una protezione legale inclusiva, accesso ai servizi sanitari, e politiche che riconoscano i diritti e la dignità di tutte le persone LGBTQI+.
Gli ostacoli che stiamo affrontando si sono rivelati, in definitiva, la forza trainante del nostro continuo impegno.
Come vedi i prossimi anni per LISTAG e le altre associazioni LGBTI+?
Dato il clima politico incerto, è difficile fare previsioni. Ma siamo determinati a continuare il nostro lavoro di sensibilizzazione e supporto alla comunità: attraverso piattaforme digitali, social media, e reti internazionali, intendiamo portare consapevolezza e lottare per i nostri diritti.
Negli anni a venire, speriamo di vedere un cambiamento di rotta. Vorremmo collaborare con altre realtà per creare un ambiente inclusivo, e ci impegneremo a dialogare coi legislatori per l’abolizione delle leggi discriminatorie, chiedendo riforme legali che proteggano i diritti di tutti.
Malgrado le difficoltà, resistiamo nel nostro impegno, e immaginiamo un futuro nel quale le persone LGBTQI+ possano condurre una vita autentica senza paure di discriminazioni e violenze, una vita nella quale i diritti siano pienamente riconosciuti e protetti. Continueremo a lavorare per una società che promuova valori di riconoscimento, amore, e comprensione tra tutte le comunità.
Immagine in evidenza: mashallahnews.com
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