di Vincenzo Branà
Spetta al calendario, nella quotidianità di ciascuno, la funzione di contenere il tempo: in quella griglia di numeri (e santi, aneddoti, ricette e barzellette, a seconda dei gusti) si organizza l’economia dei momenti o delle ore attraverso cui si avvicendano i nostri incontri, la nostra fatica, le nostre soddisfazioni, la nostra spensieratezza.
Quando poi un calendario diventa un luogo condiviso, una mappa in cui si intrecciano i percorsi di più persone, quella griglia si trasforma nel racconto denso di una comunità. Vi parlo di calendari perché il nostro calendario, quello che trovate incastonato in questa pubblicazione, questa volta ci ha posto un problema inedito: è troppo pieno, non riesce a contenere tutto il nostro tempo.
E certo, lo spazio finito della carta è uno dei fattori più rilevanti in questa circostanza, ma l’idea che anche quella parcellizzazione di centimetri oggi debba confrontarsi con il tanto (e non il troppo, mai il troppo) è un fatto che contiene di per sé già un piccolo racconto. Gli incontri di socializzazione e quelli di progettazione, le conferenze e le presentazioni, le assemblee e i laboratori, le feste e gli spettacoli: in quella griglia che trabocca c’è il lavoro di tante e tanti, un’appassionata partecipazione, l’esito denso di una vivace intelligenza collettiva.
E queste pagine – le parole raccolte nella Falla – sono già una traccia concreta di questo tanto che ci circonda e del quale tutte e tutti siamo vicendevolmente grati. La raccomandazione perciò è quella di esplorare fino in fondo il nostro calendario, spingendosi alla ricerca di ciò che questo mese non ha ricevuto visibilità nella griglia di carta: vi sarà d’aiuto un nuovo sito, bello e funzionale, che articolerà con puntualità, giorno dopo giorno, il nostro racconto. Perché ogni primavera che arriva è bene che ci sorprenda carichi di germogli.
pubblicato sul numero 3 della Falla – marzo 2015
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