Nel nostro paese, quando si parla di migrazioni, si tende a considerare la rotta del Mediterraneo centrale (quella che dal Nord Africa arriva in Italia) come l’unica percorsa dalle persone in movimento verso l’Europa. Una tendenza alimentata anche dai numeri: nel 2022 le persone che sono arrivate attraverso questa rotta, secondo i dati forniti da Frontex, sono state oltre 102 mila, in crescita del 51% rispetto al 2021. Se però allarghiamo lo sguardo a livello europeo, ci si rende conto che la rotta più battuta è quella terrestre che attraversa tutti i Balcani per poi arrivare in Europa centrale. Nel 2022 sono state ben 145 mila le persone ad averla attraversata, con un aumento del 136% rispetto all’anno precedente. Molte di queste persone continuano ad arrivare dalla Siria e dall’Afghanistan ma recentemente si registrano arrivi di cittadini di paesi dall’Africa e persino da Cuba, grazie anche alla liberalizzazione dei visti applicata da paesi come la Serbia verso i cittadini cubani.

Immagine elaborata da Frontex che riporta i dati complessivi di tutte le rotte migratorie verso l’Europa nel 2022.

Un altro elemento che viene dato per assodato dall’opinione pubblica e che viene strumentalizzato in particolare dai partiti di destra è il carattere di genere di queste rotte. Quando si parla di migranti si tende a considerare solo ed esclusivamente gli uomini, giovani, single e in buona salute. Salvo poi sorprendersi ed emozionarsi davanti alle immagini di donne incinte e bambini morti che giungono sulle nostre coste. Eppure, donne e bambini rappresentano quasi la metà del totale delle persone arrivate in Europa in questi anni. Attualmente in Bosnia ed Erzegovina, l’ultima tappa del lungo viaggio prima di approdare in Europa, esistono due campi ufficiali gestiti dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) destinati alle donne, alle famiglie e ai minori non accompagnati. Nel campo di Borići, nella città di Bihać a pochi chilometri dal confine con la Croazia, sono accolte 154 persone. Il secondo campo, quello di Ušivak nel cantone di Sarajevo, ne ospita invece 131 (OIM Bosnia, aprile 2023). Numeri più bassi rispetto a quelli registrati lo scorso settembre, quando i due campi ospitavano rispettivamente 277 e 495 persone (OIM Bosnia, settembre 2022). Considerata la crescita dei flussi e dei tentativi di attraversamento dei confini europei durante le stagioni più calde, è possibile immaginare che nei prossimi mesi i due campi possano tornare a ospitare diverse centinaia di persone.

Proprio le donne migranti sono costrette ad affrontare ulteriori sfide rispetto agli uomini: dalle separazioni familiari alla mancanza di cure per chi è incinta, senza dimenticare lo sfruttamento e le violenze sessuali. Molte donne sono infatti costrette a fornire prestazioni sessuali in cambio di denaro per soddisfare i bisogni primari o pagare i contrabbandieri per proseguire il viaggio. Violenze contro le donne da parte delle polizie di frontiera o da parte di altri soggetti sono state costantemente registrate dalle organizzazioni umanitarie presenti lungo la rotta. Tra queste la ONG Atina, operante in Serbia, che in un report del 2017, basato sulle testimonianze di donne migranti, ha esplicitato come queste siano spesso vittime di prostituzioni forzate, stupri, molestie sessuali e tratta di esseri umani. Dal lavoro sul campo è emerso come le donne migranti subiscano violenze in vari luoghi: nei loro paesi di origine ma anche durante il viaggio e persino nei centri di accoglienza e di asilo. Il lavoro delle ONG è spesso fondamentale per far emergere storie che le statistiche ufficiali e le grandi organizzazioni internazionali, compresa l’OIM, non riescono a intercettare. Secondo l’ultimo report annuale pubblicato proprio dall’OIM, solo il 4% delle persone avrebbe subito violenze sessuali e solo il 3% delle donne sarebbe stato costretto ad accettare matrimoni combinati. Numeri chiaramente sottodimensionati che non considerano le mancate denunce. Un dubbio confermato dal già citato report della ONG Atina che riporta numeri molto diversi. Delle 162 donne intervistate il 64,8% ha dichiarato di aver subito violenze fisiche come respingimenti alle frontiere, percosse e minacce con armi da fuoco.

Se per le donne migranti, il lungo viaggio verso l’Europa risulta più complicato rispetto a quello degli uomini, ancora più problematico è quello delle persone LGBTQ+. Purtroppo i dati relativi a questo gruppo di persone sono pressoché inesistenti. Un po’ per lo scarso interesse delle autorità e delle istituzioni, locali ed europee, un po’ per la difficoltà di identificarle anche a causa della loro paura a dichiararsi in contesti in cui l’omosessualità e la transessualità sono ancora fortemente osteggiate. Bisogna anche sottolineare come spesso chi opera nelle organizzazioni internazionali non ha le giuste competenze per affrontare in maniera adeguata le problematiche delle persone LGBTQ+. A questo si aggiunge la mancanza di aree dedicate alle persone trans nei campi e nei centri di accoglienza. Un elemento che continua ad alimentare discriminazioni e violenze di genere anche all’interno delle comunità migranti.

Dom Penzionera, edificio abbandonato nel centro di Bihac (Bosnia) utilizzato negli anni passati come rifugio dai migranti e poi sgomberato e recintato dalla polizia bosniaca

E questo non succede solo in paesi come la Serbia o la Bosnia ed Erzegovina, in cui l’omotransfobia è ancora piuttosto diffusa come dimostrato dagli innumerevoli incidenti provocati da gruppi reazionari durante le già rare manifestazioni pubbliche. La situazione per queste persone non va meglio neppure una volta giunte in Europa. Nei paesi di arrivo, infatti, diventano spesso prede della criminalità organizzata o socialmente escluse e vittime di violenze, sia da parte delle comunità locali, sia di altre persone richiedenti asilo. Spesso, inoltre, non viene loro riconosciuto il rischio di persecuzioni e per questo si vedono respinta la domanda di asilo dal paese ospitante.

Quello che succede lungo la rotta balcanica non è purtroppo un caso isolato ma accade in tutte le rotte migratorie, specialmente quelle che riguardano l’Europa. Un’Europa che continua a elevarsi a garante dei diritti umani e civili, salvo poi creare e alimentare condizioni di costante esclusione, segregazione e discriminazione, tanto per gli uomini quanto e ancor di più per le donne e le persone LGBTQ+. Un quadro che non sembra destinato a cambiare nel breve periodo.

Immagine in evidenza: Foto del campo di Borici (Bihac) per donne, famiglie e minori non accompagnati. La foto è del giornale bosnicaco Klix.ba (https://www.klix.ba/vijesti/bih/posjetili-smo-migrantski-kamp-borici-djeca-u-skoli-nizu-uspjehe-a-roditelji-planiraju-put-u-eu/190804038)