Come sovente accade gettando lo sguardo all’indietro lungo lo strale della storia, quando si pensa al periodo che ha fatto da incubatrice alla civiltà occidentale in quella terra di dèi ed eroi chiamata Grecia, alcune cose tendono a sfuggire. Tanto più se vittima di quella coltre pesante di diniego che ha tentato e tenta di oscurare gli echi di un matriarcato che potrebbe aver preceduto i nostri tempi.
Così, in effetti, se l’omoerotismo maschile greco è tranquillamente penetrato nelle più comuni chiacchiere da bar ed è divenuto centro di studi e approfonditi dibattiti, lo stesso non si può dire dello speculare atteggiamento femminile di cui però l’iconica, lirica ed eterna voce di Saffo si è fatta cantrice.
Se dunque da un lato è quasi impossibile negare l’esistenza di amori lesbici, le modalità, i luoghi, i tempi e le problematiche sono dall’altro più difficili da valutare. Sicuramente il sipario non può che alzarsi sui Thiasoi: consorterie femminili a carattere iniziatico, con rituali e divinità preposte, all’interno delle quali le donne acquisivano da maestre esperte ed aristocratiche (da Saffo a Gorgo ad Andromeda) tutte le qualità ritenute loro utili. Per quanto questo possa apparire simmetrico rispetto alla formazione pederastica maschile, vi sono alcuni punti di profondo distacco riguardanti il valore pedagogico e formativo di tali esperienze.
Nelle iniziazioni maschili il valore, socialmente riconosciuto, del rapporto omoerotico è basato sulla trasmissione della virtù da maestro ad allievo in un rapporto fortemente vincolato dal potere; nei Thiasoi, invece, i rapporti d’amore nascevano alle volte nei confronti della maestra ma spesso tra coetanee, in un’ottica molto più libera e che secondo Eva Cantarella “appare – più che come rapporto pedagogico – libera espressione di un sentimento bilaterale, che dava vita ad un rapporto paritario tra due persone che si erano reciprocamente scelte”. A riprova della natura forse più elevata di questo genere di rapporti, interviene il famoso componimento di Alcmane, composto per celebrare un matrimonio iniziatico tra due donne all’interno del Thiasos di appartenenza, Agido e Agesicora, che vengono presentate come ormai lontane dalle brame delle altre ragazze in quanto unite in una relazione più profonda.
Che di amore si trattasse in questi casi, è sottolineato dalle liriche della stessa Saffo, prima fra tutte quella del frammento 31, in cui la maestra osserva una fanciulla che ama parlare con un uomo e viene colta da quelli che sono stati giustamente identificati come i sintomi di un attacco di panico, che nella poesia greca non solo rappresentano un topos legato all’amore, ma in particolare a quello rivolto allo stesso sesso. Purtroppo, con l’appassire dell’arcaismo verso l’età più classica per eccellenza, le voci delle donne come Saffo vanno perdendosi all’interno di una società in cui la segregazione femminile raggiunge più alti livelli, e di conseguenza le istanze riguardanti amori lesbici si fanno più evanescenti. Probabilmente un luogo in cui si dava spazio a rapporti sessuali femminili era quello del simposio, come si deduce da diverse liriche (tutte però di firma maschile), in cui aveva un valore d’intrattenimento legato ai profondi valori erotici di questo momento sociale: “Lei – che è di Lesbo dalle belle case – / la mia chioma, che è bianca, dispregia, / e resta a bocca aperta verso un’altra”.
Ovviamente una delle voci più celebri del mondo greco, quella di Platone, si è soffermata, nel celebre mito della creazione dei sessi, sul problema delle donne che amano altre donne, risolvendolo allo stesso modo degli uomini ma con connotazioni molto negative: gli uni possono per questa via raggiungere ideali di perfezione, mentre le donne in questa situazione sono selvagge, imprevedibili, incontrollabili e pericolose, dette “tribadi”. Siamo già in un’età in cui la voce maschile getta disprezzo sul mondo intimo delle donne e le riduce al silenzio e allo scherno senza che ci sia dato davvero sapere di quali carezze fossero composte le loro giornate.
pubblicato sul numero 24 della Falla, aprile 2017
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