in collaborazione con Lesbiche Bologna
Nei giorni scorsi, al modico prezzo di 140 euro, ho parlato con una ginecologa per un consulto approfondito riguardante il mio ennesimo problema legato alle mestruazioni. Trovare posto per una visita si è rivelata una peripezia – comprensibile, vista l’emergenza e la fase 2 appena iniziata – ma anche un utile spunto di riflessione intorno a quello che dovrebbe essere il diritto alla salute, non sempre garantito, che è stato al centro dei discorsi degli ultimi mesi. Sicuramente questa pandemia ha reso evidenti le mancanze strutturali della nostra società e il tema della salute, soprattutto quella pubblica, fa sicuramente parte della lista.
Dopo una lunga chiacchierata la dottoressa mi ha confermato di aver riscontrato un aumento netto di disagi legati alle mestruazioni durante le visite post quarantena. Mi sono chiesta:«perché il mio corpo sta reagendo così male alla quarantena? Mi sento una bomba a orologeria che sta per esplodere, possibile valga anche per altre e altrx?»
All’inizio sembrava che tutto fosse sopportabile, persino la claustrazione obbligata non mi è parsa rilevante. Mi reputo una persona estremamente fortunata, ho una stanza tutta per me, tanti libri, una buona connessione internet e persino dei coinquilini che non sono tanto male, lamentarmi sarebbe stato irrispettoso nei confronti di chi stava e sta soffrendo per via di questo trauma collettivo. Oltre al mio senso di colpa per il fatto di sentirmi inutile e annichilita verso la pandemia, è prevalso un senso di impotenza e di notevole insicurezza, perché tutti i miei anni di studio matto e disperatissimo sui testi di farmacologia, virologia e microbiologia non sono bastati a spiegare e prevedere le conseguenze di quello che stava e sta accadendo.
Col fermo le mie difficoltà si sono slatentizzate, i miei punti deboli sono diventati crateri e il minimo che effettivamente potesse accadere era una polimenorrea gestibilissima, ma fastidiosa soprattutto a livello economico. Penso fondamentalmente che assorbenti e coppette mestruali andrebbero fatti pagare secondo il proprio ISEE e dichiarati come bene di prima necessità. Ognuna e ognunx di noi dovrebbe potersi permettere di non preoccuparsi della sostenibilità del proprio ciclo.
Ho fatto due conti: dal menarca alla menopausa, escludendo le eventuali gravidanze o problematiche, si hanno circa 520 cicli mestruali e si consumano 12mila assorbenti. I prezzi sul mercato sono molto variabili, ma in media una confezione da 14 pezzi costa 4 euro, e spesso ne servono due o tre. Tuttavia, per la legge italiana questo prodotto non è un bene di prima necessità ed è tassato al 22%. Calcolando che per tredici cicli l’anno vengano spesi, fra assorbenti esterni e interni, circa 126 euro, di questi 22,88 euro vanno allo Stato come imposta sul valore aggiunto.
I costi sono per ognuna e ognunx di noi molto alti e questo dimostra che la Tampon Tax è una questione che va risolta su più piani perché continuare a tassare coppette e assorbenti come qualsiasi altro bene ordinario, tipo rasoi o spazzolini, ne rende più difficile la reperibilità.
Nel novembre 2019 Laura Boldrini propose di ridurre l’Iva su questi prodotti del 10% , ma l’emendamento venne bocciato perché inammissibile. Il Ministro dell’economia Gualtieri assieme all’Intergruppo Donne hanno successivamente raggiunto un accordo che ha portato alla riduzione dell’Iva del 5%, ma solo su coppette mestruali, assorbenti lavabili e biodegradabili che sappiamo essere in ogni caso più costosi e difficili da reperire.
In altri Stati come Belgio, Lussemburgo, Germania, Spagna, Francia e Regno Unito l’imposta sugli assorbenti è stata abbassata di molto, e lo stesso vale per Irlanda e Scozia. Quest’ultima ha addirittura avviato un progetto che prevede la distribuzione gratuita di assorbenti nelle scuole, nelle Università e per le famiglie a basso reddito.
Siamo in piena crisi economica e visto il difficile momento accedere ai prodotti base per l’igiene intima legata al ciclo può risultare un costo che alcune e alcunx di noi non si possono permettere, che sia per una polimenorrea, una dismenorrea o una sindrome da ovaio policistico. Il problema esiste. Le visite sono molto care, i farmaci hanno un costo e gli assorbenti sono cari. Per poter raggiungere parità, uguaglianza e accesso equo alle cure relative alle mestruazioni è necessario lavorare per scardinare stereotipi ed eliminare tabù. Solo una maggior conoscenza e consapevolezza potranno aiutarci in questo.
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