(USA, 2019, ‘108 – V.O SOTT.)
Stasera alle 20 verrà proiettato, in prima nazionale, il film Ask for Jane, scritto e diretto da Rachel Carey, pellicola coloratissima che, nonostante il tema scottante, non cade mai nell’eccessiva celebrazione militante né nell’effetto drammatico.
Basato su una storia vera, il film racconta, la nascita e l’azione del collettivo Jane – attivo a Chicago tra il 1968 e il 1973 – a partire dalle vicende di una delle sue animatrici, Rose, che ha una carriera universitaria e una vita sentimentale perfetta, finchè le difficoltà trovate da un’amica per abortire, quando l’aborto è ancora illegale nella maggior parte degli Stati Uniti, le cambiano la vita. Conosce la più intraprendente e spigolosa Janice, e insieme ad altre cinque donne cerca un’alternativa sicura per le 11.000 e oltre di loro che vogliono abortire.
Il film racconta gli avvenimenti che stanno alla base del Roe vs Wade, storico processo in cui fu stabilita la possibilità per le donne di decidere liberamente. La maggior parte delle esponenti del gruppo furono arrestate. Il collettivo – originariamente conosciuto col nome di Abortion Counseling Service of the Chicago Women’s Liberation Union – era composto di donne, amiche, con età, caratteri ed esperienze di vita diverse, e si sviluppò fra incontri, scontri e rotture all’interno del gruppo e della famiglia, passata e futura. Tuttavia le donne si ritrovavano nell’idea di combattere per un ideale e fra quei biglietti con i nomi delle altre da aiutare, compilati da Janice e distribuiti nelle riunioni, con l’espressione in codice Ask for Jane, da pronunciare quando si chiamava per essere aiutate e dai dottori contattati per praticare l’aborto in sicurezza. Si ritrovavano anche, infine, nel bimbo di Barb portato in braccio durante la manifestazione per la rivendicazione del diritto di scelta da parte delle donne.
Il Jane – dal nome Jane Doe, usato per mantenere l’anonimato – ha aiutato molte donne nella pratica, accompagnandole per l’operazione da un dottore, in un luogo adatto, con strumentazioni sicure. Alcune, poi, praticavano l’aborto in prima persona, per diminuire i costi a carico delle pazienti, spesso povere.
La povertà, la religione, il pudore e la vergogna sono sempre stati i motivi per cui l’aborto è stato praticato nell’oscurità e nel pericolo da milioni di persone, ragazze e mogli, nei ceti più disparati. Le donne da sempre sono morte praticandolo, ed è proprio per le 5.000 morti all’anno negli Stati Uniti che le sette di Jane si sono battute al telefono, in casa, in strada ed in tribunale, come ricorda la frase finale del film.
Cait Cortelyou (la Rose protagonista), guardando un documentario sull’azione del Jane e mossa dalle stesse intenzioni e dalla stessa urgenza delle sue ispiratrici, ha proposto l’idea alla regista, Rachel Carey. Viene così rappresentata in un film la storia del collettivo, ricordando quanto ancora sia e debba essere attuale questo tema, scevro dall’indifferenza, dall’ignoranza e dalle dottrine e quanto il corpo sia prima di tutto proprietà della donna.
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