Il 26 aprile 2025, Giornata Internazionale della Visibilità Lesbica, si è tenuta a Roma la prima Dyke March italiana, promossa da attiviste di tutta Italia e non solo, in occasione della EuroCentralAsian Lesbian* Conference. Le organizzatrici dell’evento, funestato dalla morte di Papa Francesco e dalla chiamata del governo italiano a cinque giorni di sobrio lutto nazionale, si sono dovute spendere in un impegnativo confronto con la questura, dapprima rinunciando formalmente alla marcia in favore di una piazza stanziale, per poi contrattare il giorno stesso, durante la manifestazione, un piccolo percorso almeno simbolico attorno a Piazza Agosta: non proprio in centro e ben lontana dal Vaticano dove i nostri corpi indecorosi, quelli dei movimenti, avrebbero sobriamente infastidito le esequie papali. Dopotutto, come si può leggere anche nel manifesto, i corpi lesbici non temono le periferie ma neanche i vincoli che sono abituati a subire e a combattere dai margini cui la società li relega: 

«Decidiamo di scendere in piazza come lesbiche, con tutte le nostre differenze, declinazioni, intersezioni. Lesbiche, donne*, donne* bisessuali, donne* queer, persone queer, non binarie, lelle, camionare, persone trans, femme e butch, etc.

Le marce lesbiche (“dyke march”) esistono per ricordarci ed affermare che le lesbiche sono il granello di sabbia nell’ingranaggio patriarcale. Esistiamo contro l’eteronormatività, contro i ruoli di genere, contro l’idea che una donna* esiste solo se è accompagnata da un uomo cis. Non eravamo previste, ma siamo emerse lo stesso».

Era quindi inevitabile che si sfidasse il confine della piazza per prendere comunque possesso dello spazio cittadino, rivendicando una visibilità gravemente osteggiata. Sono state infatti in migliaia a partire da Piazza Agosta per marciare a dispetto delle limitazioni, anche se solo per un paio di isolati attigui alla Piazza. Dal palco e dagli stessi cartelli delle manifestanti, è emersa con chiarezza tutta la complessità politica che il lesbismo incarna come movimento transfemminista e intersezionale. «Siamo il grido altissimo e feroce di donne trans e frocie che più non hanno voce» è stato uno dei cori più volte espressi, ma oltre agli aspetti più squisitamente identitari, la Dyke March non si è fatta indietro rispetto a temi di particolare urgenza come il genocidio in corso a Gaza. Dal carro è stato più volte citato il claim «There’s no Pride in genocide», affisso al carro stesso, su cui campeggiava anche una bandiera lesbica con la scritta «Terre e lesbicx non sono luoghi di conquista». Tra i cartelloni delle manifestanti frasi come «Make racists afraid again», «Religion stole my lesbianism», «RRR Ribelli Rabbiose Resistenti». Frequenti, inevitabilmente, anche i richiami all’antifascismo

Tutti temi che hanno attraversato anche la EuroCentralAsian Lesbian* Conference dei giorni precedenti, come ci racconta Ellis «La mia prima partecipazione è stata a Budapest nel 2022, questa a Roma ha confermato e anzi rafforzato la mia stima nei confronti delle lesbiche europee, come le chiamo io. Si occupano di tutte le soggettività marginalizzate all’interno del grande ombrello lesbico, ci sono donne trans anche nel board, quindi non ci si deve preoccupare delle Terf. Lesbiche razzializzate, lesbiche rom, disabili, povere, nessuna esclusione. Elc prende fondi dall’Unione europea ma li redistribuisce in tutta Europa e, soprattutto, se non puoi permetterti di andare alla conference ti danno i soldi per farlo. Non fingono cioè che le condizioni di vita materiali non esistano, come spesso capita in molte associazioni mainstream». 

Sulla Dyke March Ellis aggiunge: «Come enby lesbica di mezza età, è stato sempre un sogno, da quando avevo 19 anni. Le compagne hanno fatto bene a non cancellarla per via dei funerali del papa, certo siamo statə stanziali con solo un piccolo giretto. Sì è trattato comunque di un evento epocale, a cui sono felice di poter dire “io c’ero”». 

Il percorso originale della marcia, infatti, era previsto molto più in centro e in movimento, arrivando ad attraversare proprio Piazza di Santa Maria Maggiore, che per ovvie ragioni era preclusa. «È stata un’esperienza potentissima, che sarebbe stata ancora più dirompente se si fosse svolta come previsto» ci ha raccontato Camilla, «ma il fatto di incontrarci e marciare in un quartiere periferico di Roma è stato comunque molto interessante per l’impatto che ha avuto sulle persone che lì abitano, passeggiano o hanno esercizi commerciali». La contrattazione delle organizzatrici durante la manifestazione, come detto, ha portato alla possibilità di trasformare comunque la piazza statica in una piccola marcia «È stato bello marciare e spostarci, anche perché era del tutto inaspettato» riporta Francesca «lo spirito della marcia alla fine c’è stato anche se spostato più sul piano simbolico. Gli interventi politici dal palco sono stati interessanti perché hanno posto particolare attenzione alla condizione delle donne e delle lesbiche non solo qui, ma in varie parti del mondo. Mi aspettavo più persone, ma con tutti i trambusti degli ultimi giorni sono stata comunque contenta di aver visto la piazza piena. C’erano molte bolognesi, accorse in blocco, ma anche persone da tutta Italia e da tutta Europa». Da molteplici racconti emerge con chiarezza quanto la Dyke March di ieri sia stata emotivamente dirompente per le partecipanti, soprattutto sotto il profilo della visibilità e della sorellanza, lo spiega bene Marta: «Essere lì come persone lesbiche di ogni generazione è stata un’emozione unica. Gli interventi dal palco hanno riportato la bellezza di vedere come persone lesbiche di ogni età attraversano storie diverse fuori e dentro il movimento lesbico. È stato un momento di estrema visibilità per lesbiche che da sempre di visibilità ne hanno avuta ben poca. Un aspetto importante è stato sentire la sorellanza di tutte e a tutti i livelli di intersezionalità, dalle persone razzializzate alle persone con disabilità. C’eravamo tutte con i nostri corpi a sfilare in un quartiere periferico di Roma con le persone affacciate ai balconi, un’emozione unica».