di Aura Cadeddu e Mara Boselli
Se è vero, come scriveva Calvino, che abbiamo due modi per non soffrire l’inferno, al Cassero LGBTI+ Center abbiamo decisamente scelto il secondo, quello più rischioso e che esige attenzione e apprendimento continui, quello che ci impone di cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, per farlo durare, e dargli spazio. Anzi: Spazio. E mica è stato semplice trovarglielo, questo spazio a Spazio: nella sede di via Don Minzoni si sono avanzate proposte, si sono fatti scatoloni, si sono spostate scrivanie e più o meno sei mesi fa, lo spazio per Spazio lo abbiamo trovato. «È proprio per questo», esordisce la responsabile Aura Cadeddu «che pensiamo sia molto importante ringraziare chi ci ha accolto. Spazio Cassero è stata una scommessa che abbiamo voluto lanciare al circolo, alla comunità e alla città: non sapevamo se l’avremmo vinta oppure no, e a dirla tutta forse non lo abbiamo capito nemmeno oggi».
Perché? Perché gli accessi allo sportello di ascolto, supporto e orientamento nato grazie al bando promosso da Unar nel 2022 sono moltissimi e, a seconda di come si interpreta questo dato, questa può essere un’ottima o una pessima notizia. «In ogni caso, l’accoglienza della comunità alla nuova tessera che entra a far parte del grande, nostro mosaico casserino è stata entusiasta e avvolgente. Quando abbiamo iniziato lo scorso luglio», ricorda sempre Aura, «sapevamo solo teoricamente cosa ci aspettava: l’equipe che dai vari settori (lo sportello Giuridico, quello Psicologico, Salute, Telefono amico…) si è unita per creare Spazio è formata da professionistə preparatə. Siamo tuttə attivistə e appartenenti alla comunità: psicologə, assistenti sociali e consulenti che offrono a chi si affaccia allo sportello le proprie competenze, la propria sensibilità, ma non solo: quel qualcosa in più che noi abbiamo è che chi arriva a chiederci aiuto può riconoscersi in noi e non è un dettaglio scontato, perché essere persone LGBTI+ deve essere, soprattutto in questa occasione, un valore aggiunto».
Alla domanda precisa di chi sono queste persone che interpellano Spazio, Aura fatica a rispondere, perché lo spettro umano che, quotidianamente, si presenta in ufficio è ampio e diversificato. «Non è facile definire un target. Normalmente un’assistente sociale si specializza su un’area di lavoro (minori, anzianə, disabili, migranti, persone fragili) e tratta casi che riguardano quell’ambito. La nostra squadra si trova a essere di supporto a chiunque ne faccia richiesta». Diventa perciò complicato assegnare dei caratteri generali a un’utenza tanto variegata.
Il servizio si rivolge a tutte le identità LGBTI+ con situazioni familiari difficili, problemi sul lavoro e vittime di discriminazioni ma, ancora dati alla mano, le persone migranti risultano essere molto esposte e più vulnerabili.
«Anche io sono un’assistente sociale professionale iscritta a un albo ancora troppo binario per i miei gusti», si racconta Aura «e con gli anni ho imparato a non farmi coinvolgere dalle storie di vita che mi raccontano. O, nel caso succedesse, ad ammortizzare il colpo: ricordo ogni volto che varca la soglia di Spazio e non me ne ricordo nessuno. Noi, in fondo, non abbiamo inventato nulla di nuovo: abbiamo solo raccolto i servizi di segretariato sociale che il circolo ha sempre offerto, li abbiamo riorganizzati e coordinati, ma è stato un passo importante. Spazio è ad accesso libero: forniamo informazioni dettagliate, orientamento e sostegno, ma organizziamo anche colloqui individuali per procedure di accesso alla struttura e alle risorse territoriali. Inoltre, abbiamo fortemente voluto continuare a fare formazione». Spesso, infatti, il gruppo Spazio si rivolge alle famiglie, a educatorə, a collaboratorə e volontariə per suggerire loro comportamenti e fornire strumenti di contrasto alla discriminazione. Non che sia poca cosa: Aura definisce il lavoro dell’equipe una piccola, grande rivoluzione innescata da tuttə – circolo, comunità, associazioni, enti e istituzioni – e che investe tuttə, perché dall’essere un semplice ma necessario punto d’ascolto per l’antidiscriminazione, Spazio si sta strutturando come un servizio dedicato a 360 gradi alla nostra comunità, per la nostra comunità.
«Diventa inutile, quindi», chiosa Cadeddu, «che io racconti un paio di storie che hanno riempito questo locale: di qui, ci sono passati il ragazzino omosessuale come la donna migrante, la persona in salute come quella più fragile. Alcuni sono stati episodi piccoli, altri hanno guadagnato anche le prime pagine dei quotidiani. Tutti ci rappresentano e se in un primo momento avevano un carattere prettamente cittadino, ora arrivano a noi persone da tutta Italia. Tuttə noi siamo e viviamo e teniamo vivo Spazio». Da fine luglio del 2022 centinaia di persone hanno contattato lo sportello di segretariato sociale e gli incontri con ə professionistə che compongono l’equipe coprono oltre 200 ore di lavoro: un servizio necessario per un progetto che abbraccia e coinvolge tuttə.
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