Un palco senza scenografia e sei danzator3 che si incrociano su traiettorie parallele senza toccarsi: nonostante tutto al primo impatto sembri scarno, in Terminal Beach le potenzialità espressive del corpo in movimento senza l’uso della voce sono infinite, e il progetto del coreografo bavarese Moritz Ostruschnjak ci mette davanti con forza a questa moltitudine di realtà, resa possibile e raccontabile attraverso la danza.
In scena in Italia per la prima volta all’Arena del Sole durante il festival Gender Bender, in Terminal Beach il corpo di ballo ricrea scenari tra i più disparati, dal western alla liturgia cristiana, dalle strade in cui si balla la breakdance ai teatri dell’opera, muovendosi compatto tra i generi con fluidità e dipanando un immaginario comune a tant3 ma mai adottato fino in fondo, sempre pronto a mutare e stravolgere la visione e le idee di chi guarda, alla ricerca di un nuovo orizzonte.
Interessato al rapporto tra l’ecosistema digitale e i corpi che vi sono immersi, Ostruschnjak mette insieme tecniche, generi e stili provenienti da epoche e luoghi diversi, con il comune destino di essere distrutti per lasciare spazio ad altro, ricreando l’impressione di aprire una piattaforma di streaming e saltare da un contenuto all’altro, non sapendo cosa scegliere. Ed ecco che, in mezzo a una marea di possibilità, nella messa in scena emerge quella che è una ricostruzione del cammino delle civiltà, ripercorso attraverso la grande varietà musicale e il movimento frenetico e incessante su essa, che sia country, classica, dance, o anche il suono di bombe e sparatorie, che ci mette davanti alla guerra come esperienza purtroppo caratterizzante della nostra storia. L3 danzator3 operano un viaggio tra i punti fermi della nostra cultura attraverso più linguaggi coreografici, portati al massimo attraverso la continua ripetizione di pattern e codici e l’uso di oggetti di scena come bandiere con simboli e slogan, offrendoci riflessioni sul nostro rapporto con il passato e con la nostra libertà di riviverlo o meno, in maniera simile a come si ripropone un passo di danza, e quando la morte si affaccia nel collage proposto e l’orizzonte cercato non sembra essere più raggiungibile, la reazione dell3 danzator3 è unirsi e danzare insieme, in attesa della fine.
Il risultato è uno spettacolo caratterizzato da velocità e imprevedibilità, in cui l3 danzator3 attraversano il palco senza sfiorarsi tranne sul finale, in un delicato pas de deux eseguito con indosso corazze di metallo che alla fine serviranno a chi danza a nascondere la testa al pubblico, un finale tanto posato quanto drammatico che appare come punto cardine di tutta la messa in scena, in cui la varietà proposta fino a quel momento lascia il posto a un lento fermarsi, e alla domanda finale che viene posta al pubblico: quando le possibilità di scelta sono così tante da farci nascondere piuttosto che operare una scelta?
Immagine in evidenza: genderbender.it
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