LE VITE LGBTQ+ CON MALATTIA CRONICA DI CHRONIQUEERS

Se pensiamo al legame fra malattia e persone LGBTQ+, che cosa ci viene in mente? Probabilmente, quei poster degli anni ’90 che hanno indissolubilmente legato nell’immaginario collettivo l’Hiv al popolo maschile gay, e poco altro. 

Nel percorso di esplorazione delle tante intersezioni che, come soggettività, viviamo, quello della malattia è un tema poco esplorato. 

Il progetto Chroniqueers tenta di fare luce proprio sui vissuti di persone LGBTQ+ che hanno una o più malattie croniche. Lo fa attraverso una ricerca, una guida per il personale medico-sanitario, e una serie di podcast in uscita a gennaio. 

Che cosa si intende per malattia cronica? 

Non ci sono definizioni univoche per spiegarlo e tra specialisti si litiga sulle sfumature. Come dice il nome stesso, una malattia cronica accompagna la persona durante tutto l’arco della vita. Si caratterizza per periodi più acuti alternati a periodi di stabilizzazione, ed è una condizione spesso invisibile: non determina cioè alterazioni corporee visibili all’occhio esterno. 

Malattie croniche sono, ad esempio, le malattie reumatiche, il diabete, l’endometriosi, varie malattie rare: condizioni molto diverse quanto a sintomi ma piuttosto simili quanto a impatto che generano nel quotidiano.

Perché raccontare questa intersezione tra malattia e vissuto LGBTQ+ è particolarmente importante? 

La prima ragione è che si tratta di un vissuto molto più diffuso di quanto non si tenda a pensare. La malattia cronica sta diventando una condizione emblematica della contemporaneità: secondo uno studio del Censis, in Italia nel 2019 riguardava il 39% delle persone. Tra queste, molte di loro sono giovani o giovani adulte e LGBTQ+: è dunque fondamentale portare alla luce le loro storie e imparare a conoscerle.

Una seconda ragione, però, ha a che fare con i nodi di intersezione specifici che queste storie marcano. Esattamente come succede alle persone LGBTQ+, chi ha una malattia cronica si trova costantemente di fronte alla scelta di fare coming out o meno sulla propria condizione, valutando se l’informazione sarà un motivo di potenziale discriminazione. Così, le persone LGBTQ+ con malattia cronica vivono molti livelli di (in)visibilità a seconda dei contesti. 

Ad esempio, alcun* intervistat* preferiscono non dire ai genitori di essere LGBTQ+ ma si affidano a loro completamente per tutte le questioni relative alla malattia. Altr* non dicono di essere malat* quando fanno attivismo LGBTQ+, per timore di non essere capit*. Per molt*, nel contesto lavorativo è preferibile rimanere invisibili sia come malat* sia come persona LGBTQ+. Ciascuna di queste scelte, ciascuna di queste storie, racconta sfumature diverse di come l’omolesbobitransfobia si combina con altre forme di oppressione, come l’abilismo.

Inoltre, vivendo in un tempo imprevedibile e costruendo relazioni intime in molte forme, le persone LGBTQ+ con malattia cronica spesso deludono le aspettative sociali che vogliono che la vita adulta sia fatta di tappe consecutive: uscire dalla casa parentale, lavorare, stare in coppia (monogama) e riprodursi. Le storie raccolte mostrano che ci sono infiniti modi di fare e disfare le aspettative su riproduzione, produttività, genitorialità, spesso imprevedibili, ma spesso anche sofferti. 

Chroniqueers indaga anche in che modo si costruiscono le reti di cura dentro e fuori le famiglie di origine e le relazioni LGBTQ+ e come la cura viene articolata all’interno delle relazioni intime. 

A questo proposito, il progetto racconta che cosa succede alle persone LGBTQ+ croniche nella loro relazione con il mondo medico-sanitario. 

Le storie raccolte riportano uno scenario preoccupante, in cui il personale medico emerge come fondamentalmente impreparato a trattare pazienti LGBTQ+. Discriminazioni, misgendering, patologizzazione, sono alcuni degli elementi che ricorrono. Proprio a partire dalla constatazione di queste difficoltà, dalla ricerca è nata una Guida per il contesto medico-sanitario che si propone di riflettere sulle buone prassi che possono rendere più inclusivi e accessibili i contesti sanitari. 

A partire da questi temi, si aprono finestre di riflessione che intessono punti di contatto con molte altre lotte. La difficoltà di sentirsi parte dell’attivismo LGBTQ+ anche come malat* ci interroga su quanto intersezionali e accessibili siano le pratiche di movimento. Le conseguenze vissute nell’abitare corpi considerati non conformi rimandano alle lotte delle persone grasse e disabili. 

La centralità che le famiglie di origine e la coppia ancora ricoprono nella struttura sociale italiana ci chiedono di riconoscere forme di cura che escono da questi binari. Insomma: le storie di Chroniqueers sono delle cartine tornasole che raccontano non solo dove siamo, ma anche dove potremmo andare e, più di tutto, come potremmo immaginarci, collettivamente.

Pubblicato sul numero 61 della Falla, gennaio 2021

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