LE REALI CONDIZIONI LAVORATIVE NEL FOOD DELIVERY RACCONTATE DALLA RIDERS UNION BOLOGNA

Che un rider guadagnasse uno «stipendio da manager» facendo consegne per le app di consegne a domicilio non ci credeva nessuno. E infatti, dopo le numerose smentite, è comparso un asterisco sul titolo dell’articolo Da commercialista a rider felice* pubblicato sulla rubrica Lato Boralevi sulla Stampa. In origine affermava che «Emiliano» Zappalà, chiuso il suo studio di commercialista per il Covid-19, oggi percorre 100 chilometri al giorno in bicicletta per 2000/4000€ netti al mese. Ora invece precisa che Emanuele – questo il nome corretto -, ex tirocinante, consegna in auto per una paga lorda decisamente inferiore. Per dare davvero voce a chi lavora con queste app, abbiamo intervistato Lorenzo Righi della Riders Union Bologna, associazione per i diritti dellə riders.

Quali sono le vostre posizioni riguardo all’articolo della Stampa sul «rider felice»?

Siamo volatə dalla sedia quando abbiamo letto questa notizia, soprattutto per la risonanza avuta. Sapevamo che erano numeri del tutto inventati. È plausibile un guadagno di 1400/1500€, ma con ritmi di lavoro allucinanti di 8/9 ore giornaliere. Secondo noi La Stampa ha dei problemi a teorizzare quale possa essere la felicità in un lavoro che non sa chiamare col suo nome: sfruttamento. Del resto, anche alla fine di 1984 (il grande romanzo distopico di George Orwell, ndr) il protagonista è felicissimo della realtà in cui vive. Al contrario della narrazione delle aziende del lavoretto per studenti, per moltə lavorare come rider serve a mantenere se stessə e le proprie famiglie. Il nome di Zappalà non ci è nuovo: fa parte dell’Anar (Associazione nazionale autonoma rider, creata dalle aziende nel 2018), in rappresentanza della quale nel 2020 ha firmato l’accordo-truffa con AssoDelivery, associazione di categoria delle piattaforme digitali di food delivery (Glovo, Deliveroo, JustEat, SocialFood e Uber Eats). È un accordo delirante che solo una persona sul libro paga delle aziende poteva siglare, che nei fatti ci ha compresso ulteriormente il compenso orario.

Cosa significa davvero lavorare come rider?

Le principali aziende del settore utilizzano un rapporto di lavoro a ritenuta d’acconto. Se fatturi più di 5000 euro le aziende ti dicono che devi aprire una partita Iva, invece di assumerti regolarmente e pagare i contributi. La paga è a cottimo, con una parte fissa molto bassa e una variabile sui chilometri percorsi. Un rider facendo due consegne in un’ora può guadagnare in media dai 6 agli 8€ netti, ma deve correre e non trovare file né traffico. Il veicolo per le consegne è a carico nostro, così come i costi di manutenzione o eventuale carburante. Non è vero che si può aspettare un lavoro comodamente a casa, perché tra i criteri per l’assegnazione c’è anche la distanza. A moltə rider, soprattutto se vivono fuori città, capita di aspettare avanti ai fast-food per molto tempo, talvolta anche a vuoto. Durante il lockdown a marzo/aprile a Bologna eravamo più di cinquanta persone ammassate avanti dal Burger King di Ugo Bassi, essendo chiusi molti altri ristoranti, con tutti i rischi degli assembramenti. 

Sono frequenti inoltre le aggressioni contro i riders in tutta Italia: si sa che chi porta il cubo delle consegne ha con sé un fondo cassa. Le aziende siglano delle polizze assicurative con privati, che spesso per cavilli legali non forniscono i dovuti risarcimenti. Siccome le aziende si rifiutano di proporre contratti regolari, non ci sono ferie, malattie, scioperi o diritti previsti dalle normative italiane sul lavoro.

Cos’è il sistema del rating e cos’è cambiato con il free log-in?

Il rating è un sistema valutativo fatto dai software delle app, con il quale viene diviso il monte ore settimanale. In base alle tue performance lavorative, ti viene dato un ordine di priorità per l’accesso al calendario dove puoi scegliere tra i turni disponibili della settimana. Il free log-in significa che tuttə possono entrare in turno quando vogliono, e la funzione valutativa viene applicata all’assegnazione delle consegne durante il turno: più consegne hai fatto in passato, più possibilità hai di avere consegne durante lo stesso turno. Questo nuovo sistema ha ripercussioni sul guadagno orario, perché più gente c’è meno si lavora e quindi meno si guadagna con il cottimo. È un sistema folle anche perché perdi punti se ti togli dal turno, per esempio, a causa di condizioni climatiche avverse. Se c’è una nevicata, le aziende ti incoraggiano dicendo che ci sono opportunità di guadagno, senza alcun rispetto per chi lavora. Per far capire le fregature, ci sono bonus per l’orario notturno che partono dalla mezzanotte. Non fosse che la maggior parte dei locali a quell’ora chiudono.

Com’è nata la Riders Union?

Riders Union nasce tra l’estate e l’autunno 2017 fuori dai ristoranti bolognesi. Le prime riunioni sono birre tra colleghə dopo i turni di lavoro per la necessità di conoscersi. Sulla scia delle manifestazioni a Milano e Torino si sono formate le prime chat per confrontarsi. Nonostante questo inizio fluido e informale, quando a novembre dello stesso anno c’è una forte nevicata, decidiamo di organizzare un mail-bombing e di togliere la nostra disponibilità dal turno per le condizioni meteo impraticabili. Da qui comincia un processo di formalizzazione nell’assemblea della Riders Union. L’obiettivo è di ottenere che si riconosca quello del rider come un vero e proprio lavoro, che passa attraverso il diritto a un contratto lavorativo che garantisca delle tutele reali.

Quali sono i riconoscimenti raggiunti e quali quelli ancora da ottenere?

Attraverso i primi scioperi contro le maggiori aziende, inizia un processo di contrattazione a livello locale, mediato dal comune di Bologna, che sancisce la Carta dei diritti del lavoro digitale. È un documento vincolante per le parti firmatarie su tutto il territorio nazionale, tra cui compariamo noi, i sindacati (Cgil, Cisl, Uil), Sgnam, Mymenu e successivamente Domino’s Pizza. Non è un contratto, non può quindi intervenire sulla qualifica del rapporto di lavoro, ma quanto meno stabilisce il diritto a una retribuzione minima oraria in riferimento al contratto nazionale della logistica, l’obbligo di assicurazioni aziendali, assemblee retribuite, diritto allo sciopero e divieto di discriminazione dei software. Ma alla Carta di Bologna non ha ancora aderito AssoDelivery, che rappresenta le altre grandi app di consegne.

C’è un modo etico di utilizzare le app di delivery?

Come riders vi diremmo di non ordinare attraverso queste app. Finché questo business va a gonfie vele le aziende non sono disposte ad alcuna interlocuzione sindacale, se non obbligate da procure o governi nazionali. Ci rendiamo conto che in questo periodo è l’unico modo che hanno molti ristoranti per restare aperti e far lavorare a loro volta altra gente. Ricordiamo però che le aziende del food-delivery spremono anche i locali, con trattenute per ritardi della preparazione fino al 40%. Stanno nascendo delle realtà come Consegne Etiche a Bologna, che abbiamo aiutato a strutturare, che garantiscono contratti con compenso minimo orario e fornitura dei mezzi di lavoro. Ma sono iniziative che fanno fatica ad affermarsi contro le politiche di sfruttamento delle grandi aziende, e vanno per questo incoraggiate e sostenute.

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